RVG settimana 13
 
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Settimana-13 del 2024
 
RVG-13 - da  - Radio-Fornace
 
Settimana 13       2024-03-25 -  Marzo - Calendario - la settimana
25/03 - 13-085 - Lunedi
26/03 - 13-086 - Martedi
27/03 - 13-087 - Mercoledi
28/03 - 13-088 - Giovedi
29/03 - 13-089 - Venerdi
30/03 - 13-090 - Sabato
31/03 - 13-091 - Domenica
 
25 Marzo 2024 - lunedi - sett. 13/085
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Busto Arsizio - Gli inizi del borgo cap. 2 (2/4)
Di poi assediò Milano dove non pochi degli Etruschi Insubri si erano rifugiati e dopo averla presa la devastò. I popoli dell'Etruria, cacciati di là, si ritirarono in quella regione che da allora fu detta Rezia dal loro duce Reso, come asserisce Livio, ma che ora è detta comunemente Grisia. Per questa ragione Gaudenzio Merula asserisce che la regione Retica e le Alpi Retiche si devono ritenere una particella dell'Italia.
Ma, scacciati gli Etruschi, i Galli ogni giorno più confluivano in Italia e discendevano in questi luoghi più piani o che fossero cacciati dalla loro sede dalla fame o che fossero attirati dalla feracità del suolo e dalla salubrità del clima. Dopo molte battaglie e di struzioni di luoghi, Belloveso stabilì la sede del suo regno nella regione Insubra e restaurò Milano e vi regnò per quarant' anni. Si racconta che in questo tempo egli fondò molti villaggi, e borghi e città e fra i primi Vico Seprio, come si legge nel Supplemento di Giustino, (1) borgo che dista da Busto non più di 7 miglia.(1) Storico latino del tempo degli Antonini, che scrisse le Historiae Philippicae che sono come un complemento della Storia di Livio.
Se poi il Vico Seprio che fondò Belloveso sia quello che esiste ancora e dista dal castello degli Insubri (Castelseprio) soltanto quattro stadi, o sia il castello stesso non è cosa abbastanza certa.
A tutti invece è noto che fra gli Insubri vi fu una città famosissima, chiamata Insubrio dal nome delle genti Insubri, che fu l'antica sede dello stesso popolo, quantunque non si sappia di certo se questa città sia da identificarsi con Milano o, come sembra più vero, sia un'altra città del territorio insubro fondata da Belloveso con i suoi Galli. Fra i paesi fondati da Belloveso e dai Galli, si deve mettere quello di cui narriamo la storia, al quale venne il nome di Busti dal rogo dei cadaveri degli uccisi Etruschi. Perciò non i Romani ma i Galli Celti sono i suoi fondatori (1). (1) Tutto questo racconto il nostro cronista l'ha tolto dalle Storie di Livio, libro V, e dalle Historiae Philippicae di Giustino. La critica moderna ha cercato di discernere il vero dal falso e quanto agli Etruschi, respingendo i dati cronologici e i nomi immaginari, inclina a credere che sian venuti in Italia dall'Oriente attraverso le Alpi e abbiano soggiogato gli Insubri che vi abitavano; quanto ai Galli riporta la loro invasione a quattro secoli avanti Cristo, posticipandola di due secoli circa alla data di Livio. Siccome però Livio scrive che i Galli Celti di Belloveso discesero in Italia attraverso le Alpi Giulie, alcuni storici credono che nel racconto liviano sia avvenuta la contaminazione di due tradizioni e cioè quella di una immigrazione Celtico-insubrica assai più antica e quella della immigrazione Gallica narrata dagli altri storici antichi e che culminò nell' incendio di Roma del 390 a. c. Così la critica moderna non ammette l'assedio di Milano da parte dei Galli di Belloveso ma ritiene che al tempo della sua calata in Italia, nel luogo dove ora sorge la metropoli lombarda, esistessero appena dei miseri e scarsi abituri insubri, al posto dei quali il condottiero Gallo stabilì il suo villaggio che a poco a poco crebbe d'importanza e di popolazione fino a meritarsi l'appellativo di città.
Quanto alla fondazione di Busto da parte dei Galli Celti è una vera supposizione del nostro cronista. Il Ferrario (o. c.) riferisce che nelle vicinanze di Busto e precisamente alla cascina delle Corde, mentre si costruiva la strada postale, furono ritrovate molte urne cinerarie etrusche. Ma per la mancanza deprecata di un museo civico quei documenti di vita antichissima sul nostro suolo sono andati dispersi.
Si racconta che in seguito questo borgo fu devastato e spopolato in modo tale che si trasformò in un pauroso bosco nel quale, non altrimenti che nella selva Ercinia in Germania, posero la loro tana dei ladroni che assaltavano e derubavano i viandanti. Questi ladroni si giovavano di sette fortissime torri (che qui esistevano) come di baluardi. Una di queste torri esisteva ancora in tempi recenti e da essa si può facilmente congetturare come dovettero essere le altre.
Fu devastata dal fulmine in tempi antichissimi e il 24 Marzo dell'anno 1578 rovinò completamente.
Poichè coll'aiuto di quel bosco e di quelle torri furono perpetrati ladronecci e uccisioni e delitti innumerevoli, fu necessario bruciarle e con questo unico rimedio porre termine agli assalti di quei crudelissimi predoni.
Nella Zecca perduta i fasti di Mediolanum
Finchè è stata un centro importante, per eventi storici o favorevoli congiunture politiche, Milano ha avuto la sua Zecca. Già in età celtica, ha supposto qualcuno, basandosi sul ritrovamento sotto piazza Fontana, nel 1936, di alcune dracme. Ma rimane una semplice ipotesi.
E' certo invece che una Zecca operò a Mediolanum in età romana imperiale, nel terzo secolo. I barbari premevano ai confini, la città aveva assunto importanza strategica e l'attività di una Zecca locale era suggerita dalla necessità di provvedere alle spese di guerra e di assicurare il ;soldo; ai legionari. Milano cominciò a coniare monete probabilmente al tempo dell'imperatore Gallieno (253-268 d.C.) e proseguì a lavorare per secoli fatta eccezione per temporanei periodi di sosta, quando l'officina fu trasferita per sicurezza a Pavia, poi a Ravenna. Furono sfornate monete per gli ultimi imperatori romani, per Desiderio re longobardo, Carlo Magno, gli imperatori tedeschi che erano anche re d'Italia. Ma arriviamo alla prima moneta autenticamente nostrana. Fu coniata sul finire dell'età comunale, tra il 1250 e il 1310: è il famoso "ambrosino" d'oro, così chiamato perchè sul rovescio recava l'effigie del patrono. Oggi viene riprodotta a cura del Comune che l'ha ribattezzata "ambrogino" e la conferisce ai benemeriti; cittadini o foresti.
Sulle monete l'immagine di Sant'Ambrogio ha goduto lunga fortuna. E' comparsa accanto al biscione visconteo, al profilo di Francesco Sforza, di Ludovico il Moro, ai gigli di Francia, alla testina di Carlo V, immortalato nelle sembianze di un antico, cesariano, eroe romano. L'ultima apparizio ne nel 1737, per celebrare Carlo VI, imperatore e duca di Milano.
La Zecca coniò poi quattrini per Maria Teresa e successori, per Napoleone, per i ritornati sovrani austriaci compreso Cecco Beppe e finalmente per Vittorio Emanuele II e Umberto I. Finché fu soppressa, con decreto reale, nel 1893: da allora il privilegio di fornire monete allo Stato spetta alla Zecca centrale di Roma.
A Milano nel 1932 fu abbattuto l'edificio all'angolo tra via Manin e via Moscova, dove la Zecca aveva trovato la sua ultima sede, dopo essersi trasferita dal palazzo di Brera nel 1809. A ricordo di questa secolare attività oggi non restano che i nomi di due strade: via Moneta, che presuppone l'esistenza di un'officina presso l'area occupata dal Foro romano, e via Zecca Vecchia, dove di sfornavano ;testoni e grossi» al tempo di Galeazzo Maria Sforza.
Se sa che i milanes, senza bordell, ne guadagnen de danee; però je metten no sott al quadrell, je fann foeura lì adree.
Per sedes secol ben bondant Milan l'ha fabbricaa palanch. La prima moneda ben nostrana 'n del duzent l'ha faa boriana, a oeucc e cros tra la metàa e la fin, ciamada poeu col nom de Ambrosin.
Anmò el nòst Comun, disemm in finis, ghe la consegna 'n festa a gent in primis, anca se tanti volt on poo sù per sù ghe la refila a quej che poeu el voer lu.
Fin del votcent, tronà se sent:
"L'Italia ormai l'è tutta unida, menemm la Zecca noeuva ben sortida, a Roma, regolada a capital", in dove el lavorà el faa tropp mal.
El vivoeur
L'è on ris'c, anca se el par on gioeugh, tirà foeura i castegn dal foeugh.
È un rischio, anche se pare un gioco, togliere le castagne dal fuoco.
Vecchio detto milanese che suona come un monito per coloro che intendono prendere decisioni non prive di incognite; gioco pericoloso, lo scherzare col fuoco, anche se talvolta è necessario. Togliere le castagne dal fuoco era inteso come togliersi dai pasticci, con annessi e connessi.
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26 Marzo 2024 - martedi - sett. 13/086
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Busto Arsizio - cap. 8 (1/5)
Giugno 1859: mese di grandi emozioni: guerra, furori patriottici, costituzione della Guardia, insubordi- nazioni, timori e... paure, hanno messo a dura prova i nervi dei nostri buoni bustocchi.
Fin dal giorno 6, quando le divisioni dell'Urban hanno passato Saronno e si sono soffermate a Senago, e Vittorio Emanuele ha posto il suo quartiere a Lainate nella vitta Litta, i bustocchi, dopo essersi rallegrati per quello che partiva ed acclamato a quello che arrivava, han già dimenticato tutti i rancori. Prova ne sia che l'Imperial Regio Commissario Crivelli, nonostante il grande cambiamento, non solo mantiene il posto, ma si trasforma, ipso facto, in Regio Commissario, e continua nelle sue funzioni, e a nessuno passa per la testa di << epurarlo ». Forse, ma solo per pochi giorni, quelli del grande trambusto, avrà osservata una prudente assenza, giacchè troviamo su qualche carta il nome del sostituto, Scannagatta, commissario aggiunto. (Ma in fondo dovevano essere buona gente e probabilmente bustesi come tutti, se può far fede il nome lombardo di Crivelli e quello del suo predecessore Bernardo Ottolini).
Nel frattempo gli avvenimenti incalzano mentre il grosso degli eserciti francese e sardo, si dirige su Milano. Gli ospedali, le scuole, i collegi e molte case private rigurgitano di feriti e di ammalati. Le donne, spe- cialmente ragazze e bambine provvedono, sotto la guida delle dame del comitato (Teresa Lualdi, Catterina Viola, Angiola Ottolini) a preparare con vecchi indumenti di lino o di cotone i « lisitti », piccoli bioccoli sfilacciati dal tessuto usato, che verranno utilizzati come materiale per le medicazioni.
I feriti ed i bisognosi di assistenza sono tanti che, il 15 giugno, il Commissario Aggiunto Distrettuale scrive alla Deputazione Comunale di Busto: « il numero stragrande di feriti e d'ammalati d'ogni maniera degenti negli spedali militari e case soccorsuali in Milano rende insufficiente al bisogno l'opera generosa e filantropica del personale medico chirurgico della precennata Capitale accorso spontaneamente in loro sussidio.
<< Onde quindi provvedere a così fatta urgenza in relazione all'ord. 12 and. mese n. 33 dell'Intendenza Ge- nerale della Provincia s'incarica senza indugio il personale Medico Chirurgico del proprio Comune a voler concorrere colle proprie prestazioni in loro sollievo dirigendolo a tall'uopo alla Congregazione Municipale di Milano, dalla quale riceverà le occorrenti istruzioni ».
La Deputazione convoca i tre medici condotti per sentire quale di loro sia disposto ad abbandonare tem- poraneamente il servizio, per accorrere in aiuto di Milano. Ma bisognò affidarsi alla sorte, perchè tutti e tre i medici fecero a gara per essere accettati.
Rispose, primo, il 16 giugno, il dott. Angelo Lualdi: « l'affluenza continua dei feriti ricoverati nella Regia Città di Milano, provenienti dai gloriosi campi di battaglia di Magenta e Melegnano, forse richiedono un pronto aiuto, anche dai medici della provincia per la scarsità del servizio dei medici condotti chirurgici di Milano. Ora, se fa di bisogno che uno fra noi medici chirurgici condotti abbia di concorrere in ajuto di chi fece tanto per la nostra indipendenza italiana, io sott." per il primo sarìa fortunato a concorrere volenterosa mente in soccorso dei prodi feriti con tutto lo zelo, premura e carità fraterna in un'opera così santa e pia.
Il Bottonuto (2-2)
Un'occasione troppo ghiotta per non immetterla sul mercato fondiario e concentrarle in quell'area. Le funzioni finanziarie commerciali. Si trattava di far terra bruciata di secoli di storia, ma purtroppo il la dell'abbandono dell'antico quartiere, ormai evitato da povera gente e piccoli malviventi e prostitute, fece sì che il nome dell'igiene e della morale, la speculazione, andasse a buon fine. Se è vero che i vicoletti la piazzetta nelle foto appaiono in stato avanzato di degrado e di abbandono, il resto del quartiere si mostra molto vivaci e gli edifici di un certo pregio dappertutto, negozi, caffè, trattorie toscane, le vendite di cibi cotti come pesci, fritti e polenta. Cantine divi.
Nello slargo del Bottonuto fanno bella mostra di sé in edicola una pompa di benzina è un vespasiano collocato proprio lì dopo il 1865, per evitare che i vicoletti venissero utilizzati alla bisogna, come sottolinea Paolo Valera che parla di un ambiente malfamato dove bisogna turarsi il naso per il terribile odore di fogna. Che proveniva dal vicolo delle quaglie, usato come pisciatoio. Anche questioni legate alla moralità pubblica vennero sollevate per radere al suolo il quartiere, vista la presenza di moltissime prostitute che attiravano sul luogo numerosissima clientela. Così il quartiere che era sorto su una delle strade romane più importanti della città, dove esistevano ancora i resti di una posterla medieval. Che aveva nell'Ottocento ospitato nei suoi alberghi visitatori di tutto il mondo in nome della decenza e della morale, ma perfino in prettamente speculativi, vennero dal suolo senza rimorsi, anche se, ironia del destino, la grande strada di scorrimento, la famosa racchetta, non verrà mai terminata, arrestandosi in piazza Missori.
Nei pressi della sua ultima vittima, l'antica chiesa di San Giovanni, incontro. Queste immagini dei cortili delle Visconti rastrelli ci raccontano di una Milano popolare ma dignitosa, sicuramente misura d'uomo demolita per costruire i grandi casermoni per uffici che oggi invecchiati e spesso inutilizzati, sembrano dei giganteschi scatoloni vuoti soppiantati dai grandi cartacieli in vetro acciaio. Sono sorti in diverse zone della città, molto più adatti alle nuove esigenze commerciali. Venne demolita anche la chiesa di San Giovanni in Laterano, che anticamente si chiamava San Giovanni isolano. Forse perché un tempo sorgeva all'interno di una piccola isola formata dal fiume Seveso che scorreva in quella zona. Il nome poi si corromperà nicolaiano per diventare Laterano, per volere che devono decimo?
La chiesa citato in un documento del 1052, nel 1634 venne completamente ricostruita per volontà di Bernardo bussero, che qui verrà poi sepolto. La facciata in stile barocco con arte, legioni, capitelli, ionici e sopra il portale era collocato un bassorilievo dello Scultore Carlo buono raffigurante la decollazione di San Giovanni Battista. La Chiesa a navata unica era divisa in tre campate, tutte sliterio ed aveva due capelle perlato. L'altare, i dipinti e gli arredi si possono ancora vedere nella nuova chiesa che, preso il titolo di San Giovanni Laterano in zona città studi. La Chiesa venne demolita nel 1936 e poco alla volta tutto il quartiere fece la stessa fine.
Marzo (2/3)1
Questa usanza fu introdotta da San Carlo Borromeo, il quale constatando che il Governatore spagnolo permetteva di continuare, nella prima domenica di quaresima, gli schiamazzi carnevaleschi sul sagrato del Duomo, pensò ad uno stratagemma per richiamare all'interno della cattedrale quella moltitudine. Lo trovò uscendo dall'Arcivescovado, accompagnato da un collegio di sacerdoti, vestito di Pianeta.
Il popolo incuriosito dalla novità, lo seguì all'interno del Duomo; quando la chiesa fu gremita, il santo salì sul pulpito e, con una memorabile predica, convinse i presenti che i giorni di quaresima debbono essere giorni di penitenza, non ridanciani, invitandoli ad una solenne processione riparatrice e ottenendo ciò che non aveva mai potuto avere emanando uno dei suoi famosi veti:
Durante il carnevale si fa divieto di usare abiti simili a quelli che portano le persone ecclesiastiche. E non vi sia persona alcuna che ardisca, mascherata o senza maschera, gettare contro porte, finestre, carrozze e dame: ova! .
Ecco un proverbio che accenna al tempo quaresimale consacrato all'astinenza e al regime vegetariano:
Da Natal a Pasqua, tutta l'erba la diventa insalada! .
In contrapposizione con un altro che recita:  Quaresima e presòn, i è fate per i coiòn!  evocante il magro raccolto che costringeva a digiunare chi non conosceva l'arte di arrangiarsi.
Quand la quaresima la tocca tri més, nas la robba anca sui scés! . Era voce comune, tra la popolazione delle nostre campagne, che quando la quaresima toccava tre mesi, si ottenesse un buon raccolto.
Il primo venerdì di marzo è quasi sempre un venerdì quaresimale; in questo giorno, nei secoli XVII e XVIII a Milano era tradizione visitare sia la chiesa di San Marco che quella dedicata a S. Maria dei Miracoli presso San Celso dove si conservano due preziosi crocifissi; lo faceva anche la Marchesa Donna Fabia Fabron de Fabrian, stupendamente descritta da Carlo Porta nella sua celebre poesia La preghiera:
Essendo ieri venerdì de marz, fui tratta dalla mia devozion a San Cels, e v'andiedi con quell sfarz che s'addice alla nostra condizion...
Il rito di recarsi in corteo nuziale a San Celso è ancora vivo ai nostri giorni; le coppie ci vanno per ottenere una benedizione speciale dalla Madonna, lasciando in dono il velo nuziale.
Siamo quasi a metà mese; in questo periodo anche il merlo si è fatto sentire:  Quand canta al merlu, sem fora de l'invernu , attenzione però a non farsi prendere dall'entusiasmo dei primi tepori, alleggerendo l'abbigliamento, perché l'influenza è in agguato! Non ascoltate quello che dicono un pò in tutta la Lombardia e cioè che:
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27 Marzo 2024 - mercoledi - sett. 13/087
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La stazione centrale di Milano (1/3)
Ciao, sono Paola di Milano in tour oggi vi farò vedere con occhi nuovi un luogo che avete attraversato 10, 100, 1000 volte di corsa. La stazione centrale di Milano cosa cos'è che state dicendo? Ma non c'è niente da vedere in una stazione, solo una stazione. Ma cosa vuoi che ci sia da sapere? La stazione centrale di Milano, dove si prende il treno, quella stazione lì a mime che ha smight troppo? Eh no, cari miei, adesso vi faccio vedere io puntate le lancette dell'orologio indietro nel tempo, nel lontano 1931. Siete pronti? Andiamo. Eccoci, siamo in uno dei non luoghi più famosi d'Italia, la stazione centrale di Milano, luogo di tanti addii, arrivederci ad amici e parenti,. di partenza ed è. Molte bellissime vacanze ed enorme gigante di pietra in cui corriamo a perdifiato per prendere il treno. Scopriamo però ora tutta la bellezza e le curiosità che pervadono questo luogo con le mie 5 curiosita partiamo dalle basi, questa, inaugurata nel 1931, non è la prima stazione centrale di Milano. Bensì la seconda, la prima stazione centrale, che d'ora in poi chiameremo la vecchia stazione centrale. Si trovava infatti poco distante, in quella che oggi chiamiamo piazza della Repubblica. Dal 1840, anno in cui venne inaugurata la prima strada ferrata di Milano. Che collegava la città con Monza, Milano divenne in breve tempo la capitale ferroviaria del paese, questo grazie anche alla sua posizione strategica che garantiva agili collegamenti con l'Europa. Per questo in breve tempo fu necessario costruire una grande stazione centrale sul modello di quelle europee, al posto delle tante piccole stazioni. Che costellavano la periferia della città, la vecchia stazione centrale di Milano fu iniziata nel 1857 sotto la dominazione asburgica, ma venne ultimata nel 1864 sotto il Regno d'Italia e venne quindi inaugurata da un festoso re Vittorio Emanuele secondo. Che scese direttamente da un treno proveniente da Torino, dotata di ogni comfort, con ben sei binari e dico, sei è dotata dell'immancabile super tettoia in vetro acciaio all'ultima moda, vedeva al suo interno tre sale d'attesa, una per ogni classe di viaggio, uno sala d'attesa per i reali. Ufficio di posta, telegrafo, una stazione di polizia, ristoranti, bar e caffe, che figata. E questa prima grande stazione centrale, ma il traffico ferroviario aumenta talmente velocemente che in pochissimo tempo si rende già necessaria una nuova e più grande stazione centrale. Viene quindi scelto uno spazio vuoto e poco distante, l'attuale piazza Duca d'Aosta e nel 1906 il re Vittorio Emanuele, terzo possa simbolicamente la prima pietra. Sempre nel 1906. Ecco il primo bando di gara per scegliere il progetto vincitore.
Marzo (2/3)2
A marz se trà via covert e scalfarott, e chi gha minga i scarp el vaga a pee biott!(in marzo ogni villa n vada scalzo).
Se marzo pazzerelloalterna acqua e sole, trova molti proverbi che lo giustificano: Acqua e sùl, la campagna la vè de gùl! (per la campagna acqua e sole sono una manna). Marz spolverent, segala e forment; marz sgualdrott erbe a balott!(Marzo polveroso, segala e frumento; marzo mattano, erba a mucchi).
El forment in la palta e l formenton in la polver!  (il frumento va seminato nel terreno bagnato mentre il granoturco in terreno asciutto), comunque sia:  A somenà da marz a giugn, se falla minga!  pero, durante la semina bisogna darci dentro perché  la terra no la voeur ne poverèt ne avar! . Anche se la scienza non si è ancora pronunciata su questo argomento, attenzione a seminare con la luna giusta perché l 'esperienza insegna che le semine fatte con la luna cattiva (luna crescente) vanno in fiore prima del tempo. La luna buona, secondo la sapienza di noster vècc è nelle due settimane che seguono la luna piena, fino a luna nuova.
Il 18 marzo di ogni anno, partendo dal 1848, è l'anniversario delle cinque giornate di Milano. Il Giulini ricorda che durante quei giorni un gruppo di nobili milanesi fece voto di donare alla Madonna dei Miracoli, presso San Celso, una lampada d'argento qualora la Vergine li avesse aiutati a liberare Milano dai soldati di Radetzky; i pattan, come erano chiamati dai milanesi gli austriaci, abbandonarono la città e il voto venne mantenuto: la lampada cesellata da Giuseppe Milanaccio, arse davanti all'immagine della Madonna anche dopo il ritorno degli austriaci, che non osarono mai toccarla.
19 marzo:  San Giusepp vegiarell, che governavev Gesù bell, governi l'anima mia: Gesù, Giusepp e Maria. Amen! . Tra una luna giusta e una sbagliata ci avviciniamo alla primavera e chi ci accompagna a questo atteso appuntamento è il santo patrono di tutti i lavoratori:  San Giusepp el porta la marenda, in del fazzolett!  (le giornate si allungano e i contadini si fermano di più nei camp, quindi è necessario portarsi da casa uno spuntino).  A San Giusepp fioriss el perzeghett!  (la fioritura del pesco si manifesta con l'arrivo della bella stagione).
Vita da cani di lusso nella dimora di Bernabò Visconti
Grosso modo, sorgeva nell'area che dalla ex piazzetta Reale si estende fino a piazza Diaz e comprende via Marconi, via Rastrelli e via Pecorari. La "Cà di can", la casa dei cani.
In realtà, era la dimora principesca dei Visconti, signori di Milano, costruita sopra le ceneri di quel Broletto Vecchio che aveva ospitato le magistrature comunali. Nel 1287 Matteo I Visconti si era insediato nel Broletto e, dopo un incendio, lo aveva ricostruito e ampliato, ricavandone una piccole reggia, protetta da torri e fossato.
Dopo Matteo erano venuti Galeazzo I, Azzone (che al palazzo aveva aggiunto un vasto cortile porticato e quattro torrioni angolari e aveva gettato le fondamenta di san Gottardo in Corte), quindi Luchino, l'arcivescovo Giovanni e i tre fratellini Matteo II (presto morto avvelenato), Galeazzo II e Bernabò.
E' con l'entrata in scena di Bernabò che si incomincia a parlare di "Cà di can". Perché, nella sontuosa residenza, Bernabò aveva ricavato un enorme canile: bracco più, mastino meno, i suoi amici a quattro zampe arrivavano a 5 mila. Erano gli inquilini più numerosi anche se non tutte le mute cani- ne trovavano cibo e alloggio a palazzo.
Scrive lo storico Bernardino Corio, un secolo più tardi, che la maggior parte dei suoi cani messer Bernabò "distribuiva alla custodia de li cittadini et anche a contadini, li quali niuno altro cane che quegli potevano tenere. Questi due volte al mese erano tenuti a fare la mostra, onde trovandoli macri in grande summa de pecunia erano condennati, e se grassi erano, incolpandoli dil troppo similmente erano mulctati, e se morivano gli pigliava il tutto".
Un amore viscerale, s'intuisce, legava Bernabò al suo popolo canino, dal quale, con accurate scelte, si faceva accompagnare nelle frequenti battute di caccia, passatempo prediletto. E guai a chi, privato e pur nobile suddito o scalcagnato bracconiere, osava abbattere un cinghiale o una semplice pernice nelle terre che Bernabò considerava di propria esclusiva pertinenza. Finiva sbranato dai cani più feroci; se catturato vivo, le pene variavano a capriccio, gli mozzavano una mano, gli cavavano gli occhi, l'impiccavano.
L'anno 1385, 19 dicembre, Bernabò morì nel castello di Trezzo sull'Adda, dove il nipote Gian Galeazzo lo aveva confinato, praticamente prigioniero. Morì davanti a un piatto di fagioli, di cui era ghiotto, ma i legumi erano conditi con tale dose di veleno da ammazzare un toro. Fu sepolto in San Giovanni in Conca, antichissima chiesa divenuta cappella privata dei Visconti, in un mausoleo che venti anni prima il medesimo Bernabò si era fatto costruire da Bonino da Campione.
La "Cà di can" non esiste più, di san Giovanni in Conca restano (piazza Missori) i ruderi dell'abside e la cripta mentre la facciata è andata ad adornare la chiesa Valdese di via francesco Sforza.
Ma per fortuna ci è rimasto conservato (al Castello Sforzesco) il mirabile monumento di Bernabò, il quale fu politico scaltro, amministratore accorto e amico, forse non a torto, più dei cani che del genere umano.
E per fà pussee frecass 'sto Viscont, el Bernabò, l'ha vorsuu dent al palazz, oltre ai smorbi e al fricandò, on grand reggiment de can: mej ben lor che i fals cristian.
Vegnaraa on tal di, ma lù el saveva nò che i alter eren pront a sbattel giò.
Sbattuu in on canton, 'na certa sera, grazie 'na fiammenghina de borlott condii con gust in ona tal manera, senza bordell el g'ha giontaa el pellott.
(1) allegroni. Qui il significato è "cortigiani". (2) braciola. Qui il termine vale per "gozzoviglia".
 
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28 Marzo 2024 - giovedi - sett. 13/088
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L'è ora de finilla cont i privileg! l'è l'ora di benefit
«Oh finalment se da spazzi al privaa: basta con la sanità pubblica, basta cont i aziend de stato. Basta soratutt cont i privileg di pubblich dipendent». El privaa in di 'sti temp gran mòda: altra class, alter stil, nient a che vedè con quèi poveritt del pubblich impiegh. Per de pù, chi el gh'ha on parent stipendiaa, malvolentera, da el Stato, el cerca con disperazion de tegnill sconduu, come se l'avèss ciappaa ona malattia che la se tacca ai alter, ò 'l gh'avèss ona minga bèlla imperfezion.
El privaa l'è in su la bocca de tucc: se ne parla in di offizzi, a la fermada del tramm, al bar fra ona briòsc e on cappuccino. Oramài l'è ona mòda. El pubblich el fa nò scicch: l'è gris, piatt, anònim, polveros, l'è bon de fà pòcch. Gh'è di fioeu che a scòla se refuden de completà i generalità del pader. Fann finta de minga savè: «Papà? el soo nò che mestee el fa». Di alter hinn patetich: «Papà? Ah sì l'è disoccupaa». I pussee cattiv accetten anca i conseguenz de savè nò chi l'è el pader: «Papà? El conossi minga». Qualunque bosìa l'è mèj de la verità. Pussee sopportabil che ammètt de vèss fioeu d'on insegnant tròpp pagaa, d'on minga sensibil dottor de la Ussl, d'on odios direttor de l'offizzi di tass. I programma d'insegnament hinn provvisòri: tema come  El mè papà ,  Ier hoo com- el mè papà a lavorà ,  Ier l'era festa e el mè papà l'era a cà del lavorà... , princippi secolar de l'insegnament elementar, se pòden nò propònn.
Beh, e te me disaret minga che gh'hann tòrt. On poo de coerenza insòma. Se tutti se lamentom de la manéra che fonziònen i ospedai e i ambulatòri, se tutti taccom lit cont i impiegaa ai sportèi de l'anagrafe, se tutti protèstom contra i fonzionari corròtt, poeu scondèmes nò...». «Mì disi che l'è anca on problèma de cors e ricors stòrich.
Adèss per i dipendent pubblich la gira mal. Fra on poo se vedarà...».
Cossa te voeuret vedè. L'è minga fòrsi colpa soa de lor el disaster econòmich de la nazion? Hinn minga lor che passen i mattinn a mangià i cornètt in del bar che gh'è sòtta l'offizzi? E lassèmm pèrd i tangent, che l'è on discors complicaa, ma la stècca? I vègg  foeuravia  de tradizion: de quanti ann se ne parla... E i minga giustificaa privileg: i orari, l'età de andà in pension, i scunt?»
Tutt vera, però ona còssa la m'è minga ciara: che diffe- renza gh'è fra privileg e benefit? A part el riferiment de la lengua inglesa, quèi di dipendent pubblich hinn schifos, minga giustificaa, privileg del medioevo di òmen superior. Al contrari, se el direttor, el fonzionari ò anca l'impiegaa de l'impresa privada l'ottègn che la soa azienda la ghe daga a gratis ò quasi la macchina, el ghe permètt d'andà in vacanza cont el scunt in di sit turistich del grupp, el ghe daga la possibilità de fà di investiment ò di prèstit a con- dizion de favor, di assicurazion e pension de complement a tass de favor in di istitutt de crèdit vesin a l'offizzi... Tutt quèst el se ciama benefit. Tèrmin elegant, raffinaa, che voeur dì bòna organizzazion, savièzza de amministrador, vèss moderno, avegh abilitaa de impresari, vèss attiv e efficient de profession. Ma soratutt che'l mètt invidia».
Cap. 5 - Busto Arsizio - La posizione del borgo
Gli abitanti di questo borgo respirano un'aria temperatissima e assai pura, contemplano un cielo tersissimo, vivono sotto fulgentissime e clementissime stelle; lontani i fiumi, lontani vedono i monti eccelsi e di questi godono a sufficienza i vantaggi, non sentono gl' inconvenienti. Il suolo è abbastanza ferace, e la vite vi cresce non del tutto infeconda. Il terreno coltivato, ad eccezione della brughiera e dei borghi si stende dall'abitato per una profondità di mille passi e per un circuito di più di sette miglia.
(1) Sembrava allora (1613) che un periodo di pace e di prospe- rità incominciasse per il Milanese e in modo particolare per Busto, in cui entrava solennemente come feudatario l'illustre Conte Luigi Marliani, successore del fratello Antonio, cavaliere di Malta. Purtroppo durò assai poco perchè gli Spagnuoli fecero sentire assai presto il peso della loro dominazione. Per farsi un'idea delle condizioni delle terre rurali in quel tempo si leggano i Promessi Sposi.
Il borgo dista dal fiume Olona circa un miglio o al più due, sette dal Ticino, dodici dal lago Maggiore, diciotto dal lago di Como, da Abbiategrasso soltanto tredici. Non è così vicino alle città da risentire dei moti cittadini, nè così lontano che non si possano comperare in esse gli oggetti che abbisognano. Infatti Busto dista da Como diciotto miglia, quattordici da Novara, da Pavia trentacinque e finalmente da Vercelli venticinque. È così vicino ai luoghi di mercato che in un giorno solo gli abitanti possono andarvi e ritornare alle proprie case.
Solo in una cosa la Natura pare sia stata matrigna verso i Bustesi, cioè nel negar loro fonti perenni e verdeggianti prati. A questa mancanza si sperava un giorno che si sarebbe provveduto mercè l'aiuto di Gaspare Visconti, arcivescovo di Milano. Costui infatti aveva decretato di condurre dei canali non lontano dai colli attraverso al suolo incolto, e aveva incominciato l' im presa con sommo studio e grande spesa, ma prima di poterla compiere passò di questa vita, nell'anno di salvezza 1596 (1).
(1) L'idea di derivare un canale dal Ticino o dai laghi per irrigare l'alto Milanese fu ripresa più tardi finchè ebbe una prima parziale attuazione con il canale Villoresi aperto nel 1886-1891. Per la irrigazione della parte alta dell'altopiano milanese sono noti gli studi e i progetti del comm. ing. Leopoldo Candiani, bustese, e le deliberazioni di questi ultimi tempi del Consiglio Provinciale Milanese. È da augurarsi che presto i progetti diventino realtà.
Segond de come tira el vent sona i campan del convent.
A seconda di come tira il vento suonano le campane del convento.
Antico detto un pò tirato nei confronti dei conventuali che si comportavano a seconda di chi comandava, di come andavano gli eventi, giubilando o meno nell'alternanza degli stessi; una sottile accusa popolana d'essere delle banderuole.
Gent che leva su quand canta la vacca, l'è tarda de rifless e semper stracca.
Gente che si alza quando canta la mucca, è tarda di riflessi e sempre stanca.
Motteggio alquanto significativo per quelle persone pigre che si alzano sempre a giorno avanzato, sbadigliando continuamente e son rinfiacchite dal troppo riposare. La pungente arguzia milanese indirizza questo motteggio ai pelandroni in genere ed ai figli di papà scansafatiche, ai lazzaroni di ogni estrazione.
Il monastero di via Palazzo
Mio padre me l'ha ripetuto diverse volte che in fondo al cortile con la casa a forma di elle dei tre piani, cortile che pone termine al primo largo tronco di strada di Via Palazzo (che continua a sinistra passando stretta e tortuosa in mezzo a due file di case) c'era nei secoli scorsi (sei e settecento) un piccolo monastero di suore orsoline. L'ordine delle orsoline fu fondato nel 1535 da Angela Merici, per l'educazione delle giovinette e sottoposto alla regola di S. Agostino. Non si conoscono notizie precise sul loro operato e modo di vivere. Si pensa che furono soppresse con la calata di Napoleone in Italia. E' venuta conferma dell'esistenza del convento da un atto di catasto del 1722 detto di Maria Teresa (1717-1780), imperatrice d'Austria.
Usati per la raccolta e lo scarico di acqua piovana e per rifornimento di sabbia e ghiaietto per la costruzione delle case nuove. Il più importante ed usato era quello posto sul lato sinistro di via S.Bernardo a una cinquantina di metri dalla chiesetta omonima. Altro cavo abbastanza ampio e profondo, sull'angolo di sinistra formato dalla via Mazzini e da via della Vittoria, di cui ho già parlato.
Sono venuto a conoscenza di un terzo cavo di più modeste proporzioni in via Monte Rosa, dove c'è il parco dello stabile al n° 6 bis.
Chi va a l'osteria e giuga danée el se mangia la cà e anca el granée.
Chi va all'osteria e gioca danaro si mangia la casa e anche il granaio.
Nell'Alto Milanese era un proverbio molto diffuso, ma poi dal contado arrivò anche in città e la citazione soleva essere un rimprovero per i giocatori accaniti; a derisione delle tabelle dei giochi proibiti obbligatoriamente affisse c'era un detto: «Pur anca el gioeugh del lott te manda a quarantott» (anche il gioco del lotto ti manda a catafascio), un monito che intendeva sottintendere che anche un gioco legale prosciuga le tasche, anche il lotto dunque, gioco notoriamente governativo!
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29 Marzo 2024 - venerdi - sett. 13/089
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Busto Arsizio - Gli inizi del borgo cap. 2 (3/4)
Appunto dall' incendio del bosco il borgo rifabbricato, che dalla sua origine era chiamato Busta o Busto, fu chiamato, secondo alcuni, Busto Arsizio (1).
E secondo noi coloro che così pensano non sono lontani dalla verità.
In quale tempo sia avvenuta questa prima distruzione del paese non sappiamo perchè non ci son documenti che lo dicano. Possiamo pensare che sia avvenuta ad opera dei Galli, sotto il comando di Brenno contemporaneamente alla distruzione di Milano, nel sessantacinquesimo anno dal regno di Brunesedo Celta, figlio di Segoveso, circa duecento anni dopo la cacciata degli Etruschi dall' Insubria per opera di Belloveso, fratello di Segoveso.
(1) L'incendio che dette a Busto il suo secondo nome non è quello a cui allude il nostro cronista ma deve essere di data assai posteriore, probabilmente del sec. X d. C.
Gli storici, infatti, narrano che Brenno, valicate le Alpi, discese con seicentomila uomini in Italia dalla Gallia Senonense, invase l' Insubria, devastò per gran parte Milano e distrusse circa trecento paesi. Ora è lecito credere che tra questi paesi sia stato quello di Busto. I Romani poi, dopo cento anni, quando conquistarono Milano, ricostruirono Busto e lo fortificarono con un castello, dopo aver incendiato il bosco di cui abbiam fatto menzione. (1)
Infatti i Romani avevano la consuetudine di dislocare agli sbocchi delle valli alpine delle stazioni militari che accogliessero i popoli barbari abitanti di quelle montagne e li trattenessero dal fare incursioni contro i Galli Cisalpini che già erano favorevoli ai Romani e si governavano secondo il diritto di colonia latina. (2)
(1) La conquista romana di Milano e dell' Insubria avvenne dopo lunga ed aspra lotta nel 222 a. C; ma disceso Annibale in Italia, i Galli Insubri passarono dalla sua parte e combatterono alla Trebbia contro i Romani; in seguito appoggiarono i Galli Boi nella loro ribellione, finchè i Romani passato di nuovo il Po, li vinsero definitivamente in una cruenta battaglia presso Milano nel sec. II. a. C.
(2) Il diritto latino fu dato alle città della Gallia Traspadana (dal Po alle Alpi) nell'anno 89 a. C. Perciò la ricostruzione e la fortificazione del nostro borgo sarebbe avvenuta, secondo il cronista, circa quel tempo. A me pare invece che non di ricostruzione si debba parlare ma di fondazione. Che infatti Busto non debba la sua origine nè agli Etruschi, nè ai Galli ma ai Romani lo dimo strerebbe innanzi tutto il suo nome, di etimologia latina; in secondo luogo il fatto che durante la costruzione della Chiesa di S. Giovanni e più tardi, nel 1847, in Vicolo Visconti, furono trovate parecchie monete d'oro dei tempi romani. Invece l'epoca di questa fondazione, se prima o dopo l'era volgare, non la si può determinare senza cadere nell'arbitrio; perciò è meglio lasciarla nell'oscurità del mistero.
La stazione centrale di Milano (2/3)
Non mi piace, non mi piace. Non mi piace nessuno, non ho scelto nessuno. Tutto rimane fermo fino al 1912, quando vediamo arrivare un secondo bando di gara e finalmente abbiamo il vincitore Eulisse Stacchini, con la sua cattedrale del movimento, un progetto gigantesco, monumentale. Ansioso che avrebbe celebrato il mito della velocità e la ricerca del progresso tanto cari a Milano. Bene, iniziano subito i lavori e stop. Prima guerra mondiale, finisce la prima guerra mondiale e quindi lavori sto crisi post bellica, indolenza, lassismo, non si sa quali altri motivi. I lavori non vanno avanti, i lavori finalmente riprenderanno solo in epoca fascista, a partire dal 1924, per concludersi finalmente gloriosamente nel 1931 o per meglio dire, come si diceva all'epoca, nel nono anno del nuovo calendario fascista in cui gli anni venivano contati. Al nuovo anno zero, ossia il 1922, quello della marcia su Roma. Curiosità per il rivestimento del colossale scheletro in cemento armato della stazione si utilizzarono i materiali più pregiati, elegante pietra da aurisina, marmi policromi, stucchi. Questo perché il regime? Voleva dare l'idea di una città moderna ed elegante, al viaggiatore, anche straniero, che arrivava a Milano. Ma c'è il barbatrucco. Rivestire una superficie così grande e così monumentale con questi materiali pregiati sarebbe stato troppo costoso. Quindi ecco subito arrivare il trucchetto all'italiana. Sono stati utilizzati materiali costosi e pregiati solo fino ad altezza. Occhio mano a mano, poi, che si procede verso l'alto e che quindi le superfici sono meno controllabili dall'occhio umano. Sono stati utilizzati? Materiali che sembrano pregiati, ma non lo sono, ad esempio il cemento decorativo. Furbetti furbetti Eh? In stazione sono presenti tanti luoghi nascosti segreti, iniziamo a scoprirli parlando della sala d'attesa reale o come si chiama in questo caso padiglione reale, in quanto si tratta di una modestissima villetta su due piani. Arredata e decorata nei minimi dettagli con materiali fra i più pregiati, dove si trova nei pressi del binario 21, ossia sul binario che collegava Milano con la città di Monza, dove c'era la Reggia dei reali, questo padiglione nasconde al suo interno come una piccola matrioska, tante altre piccole chicche. Al piano superiore è presente il bagno, naturalmente, ma non è un bagno normale. Dietro la specchiera del bagno, infatti, si nasconde niente popodimeno che un passaggio segreto che avrebbe dovuto condurre in salvo la famiglia reale. L'intero entourage, in caso di pericolo imminente. Il passaggio segreto però. È talmente piccolo e stretto che ci sarebbe passato a malapena un bambino oppure giustamente Vittorio Emanuele terzo, che non ha mai brillato né per altezza né per prestanza. Pensate che la famiglia reale si serve di questo padiglione solamente tre volte, ma queste sale furono spesso utilizzate per riunioni politiche segrete. Che comprendevano i vertici delle gerarchie fasciste e talvolta anche i reali, trovare altre curiosità all'interno del padiglione reale è difficile, è come giocare una caccia al tesoro, bisogna sapere dove cercare bene, provate ad alzare un prezioso tappeto all'interno delle sale del piano superiore. Sollevandolo. Troverete un dettaglio sensazionale, una porzione del pregiato pavimento in legno e infatti decorata con tante piccole svastiche, anch'esse in legno.
El vivoeur
L'è on ris'c, anca se el par on gioeugh, tirà foeura i castegn dal foeugh.
È un rischio, anche se pare un gioco, togliere le castagne dal fuoco.
Vecchio detto milanese che suona come un monito per coloro che intendono prendere decisioni non prive di incognite; gioco pericoloso, lo scherzare col fuoco, anche se talvolta è necessario. Togliere le castagne dal fuoco era inteso come togliersi dai pasticci, con annessi e connessi.
Poeu pensall domà ona persona matta de robagh el lard de bocca a la gatta!
Può pensarlo soltanto una persona matta - di rubare il lardo di bocca alla gatta!
Vecchio modo di dire, quando qualcuno tentava una impresa il cui esito era scontatamente impossibile, a limite di follia.
El cavalier a spass
Ponend che i sentiment fudessen moneda ghe sarissen pù pover de quant se creda.
Supponendo che i sentimenti fossero moneta ci sarebbero più poveri di quando si crede.
In tutte le epoche si hanno avute prove delle disparità di sentimenti tra simili; agli eroismi si sono contrapposte grandi viltà, all'amore l'odio, alla franchezza la titubanza, alla sincerità la menzogna, alla fede l'apostasia, ecc.; da qui il proverbio che sentenzia quanto prevalgano i sentimenti negativi nel consorzio umano, ed il raffronto con la moneta non è a caso azzeccato, dal momento che da quando il denaro è stato inventato non si può vivere senza averne un minimo indispensabile.
 
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30 Marzo 2024 - sabato - sett. 13/090
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DRAMMA AL CONVENTO DI SANTA TERESA (2-2)
lei In cuor suo ha più volte tentato di parlare con il padre sull'argomento, dicendogli apertamente che non era sua intenzione di accettare l'assurda proposta di finire in un convento per l'emissione dei voti, solenni e perpetui. Ma ben sapendo che il genitore è un uomo freddo, severo, perfino cinico, che organizza e controlla la sua stessa vita, le è sempre mancato il coraggio.
La festa nella villa sta per raggiungere il suo apice. Mentre si prepara la cerimonia per lo scambio dei doni tra i fidanzati, il padrone di casa si accorge che la figlia minore è sparita, come se avesse voluto disertare la fase conclusiva del fidanzamento, essendo a conoscenza che il padre è intenzionato di comunicare ai presenti la lieta notizia:  che la minore delle figlie ha scelto di sua volontà la vita monastica per essere consacrata al Signore .
Di solito era la madre che andava alla ricerca della figlia. Ma questa volta si muove il padre, il quale, dopo aver cercato inutilmente la ragazza in giardino, raggiunge la sua camera al piano superiore. Spalanca la porta e, con vivo stupore, vede la stanza in disordine, la ragazza sopra il letto, seminuda. come se dormisse, con le mani tra le gambe. L'uomo non si scompose, forse già conosce le stranezze della propria figlia; la fissa con una minacciosa occhiata e rinchiude la porta, lasciando la camera.
L'impeccabile, ma cinico genitore, di nulla preoccupato per le condizioni della ragazza, calmo, come se nulla fosse accaduto, raggiunge la sala dove gli invitati sono in attesa di festeggiare i futuri sposi. Prima del ricco rinfresco, chiede un minuto di silenzio e dopo aver sanzionato ufficialmente il fidanzamento della coppia, con appropriate parole, chiede scusa per l'assenza della figlia, causa una leggera indisposizione e, tra gli applausi degli invitati, termina il suo breve discorso, comunicando che la giovane gli ha espresso la sua volontà di entrare in convento per vestire l'abito monacale, quale promessa fatta al Creatore, in contraccambio di grazia e di bene per la sua famiglia.
A questo punto, per giustificare il penoso episodio accaduto in quel pomeriggio, va detto che la giovane ragazza, al contrario della sorella maggiore, più volte aveva sentito il desiderio di tenerezze e di affetto da parte della madre, che invece non è mai stata dolce con lei.
Fu così che dopo alcuni mesi, avvilita e incapace di reagire, la povera figliola, facendo buon viso a cattiva sorte; aveva accettato di entrare nel convento di Santa Teresa. L'inflessibile genitore, pienamente soddisfatto per quella decisione, avvalendosi dell'appoggio di influenti personaggi, aveva ottenuto dalla Priora la promessa che il giorno delle nozze della figlia maggiore, coincidesse con la cerimonia di pronunciazione del Voto religioso;. Così, parenti e amici, dopo il matrimonio, si sarebbero recati con gli sposi al monastero per assistere alla professione della novizia.
Celebrato il matrimonio nella Basilica, la comitiva si reca al convento e non appena giunta ha inizio la cerimonia. Le monache vanno nella cella della novizia per condurla processionalmente in chiesa, e la trovano impiccata, appesa all'inferriata della finestra. Si può ben immaginare lo scompiglio e la desolazione di tutti i parenti. Solamente la Priora non si scompone. Ha una strana visione, non versa alcuna lacrima e con voce flebile dice poche parole, invitando le pie suore a pregare con lei per l'anima della defunta.
I componenti della comitiva, in preda allo sgomento, si allontanano dal monastero alla spicciolata, commentando a loro modo quanto accaduto. Il padre della fanciulla ritorna a casa, lasciando sul posto, annichiliti, la moglie e gli sposi.
Giunto nella villa si reca alla scuderia, tormentato dal rimorso, prende un cavallo, lo cavalca e si avvia verso Casciago per distrarsi. Ma che cosa sia successo in seguito non si è mai saputo. Solo dopo qualche giorno trovarono sfracellati, lui e il cavallo, nel fondo di un dirupo.
I GALLI CISALPINI (2-5 )
Per quanto riguarda il Piemonte e la Valle d'Aosta in queste due regioni riconosciamo due fazioni, a nord, i salassi, e per sordi taurini si insediarono, presumibilmente nel sesto secolo, a.C. in Valle d'Aosta. La valle della Dora Baltea e nel Canavese. Dove scarsamente antropizzate, colonizzando l'intero territorio e fondarono eporedia, l'attuale Ivrea. Secondo il mito i salassi erano discendenti dello stesso Ercole. In seguito arrivò a Cordeiro, figlio di Stato, un discendente di Saturno, il quale si mise a capo dei salassi. In seguito fondarono la città di cortesia. Parlando di. Salati consideravano il matrimonio un evento, di conseguenza era possibile sposarsi e divorziare liberamente senza alcun vincolo. Dopo il matrimonio i coniugi non convivevano e richiedevano un'eguale somma di denaro. E i loro beni non erano in comune se uno dei due coniugi moriva, l'altro aveva il dovere di prenderne il denaro e distribuirlo tra gli.
I taurini sono collegati al mito greco di fetonte, chiamato anche eridano. Antico nome attribuito al fiume Po, affermando che quest'ultimo dai culti egizi, dopo aver lasciato il Mediterraneo per disaccordi con le caste sacerdotali, avrebbe raggiunto il Nord Italia passando per le coste del Mar Tirreno, approdando nell'attuale Liguria. Da qui avrebbe raggiunto una grande pianura percorsa da un lungo fiume che sembrava il Nilo. Qui avrebbe fondato il culto. Applicato al Dio api dalla forma di Toro intorno al quindicesimo secolo, a.C. I taurini. Papi, adei, dalla forma zoomorfa, si sarebbero adattati alla nuova divinità. Per le fonti storiche i taurini sono definiti celti liguri proprio per il fatto che all'inizio questa fazione era ligure ed in seguito venne completamente assorbita dalla cultura celtica, sia in usanze che in costumi. La loro idea era laurasia e si ipotizza che fosse situata tra il Po e Dora riparia, nel territorio della vanchiglietta dell'odierna Torino. L'economia era basata su agricoltura, coltura e allevamento. Se parliamo di note storiche e risaputo che nel 218 a.C. Questa. Il l'attacco da parte di Annibale, allora già alleato degli insubri per rispondere al pericolo, si allearono con i romani nel tentativo di respingere la minaccia cartaginese. Tuttavia, taurasi fu completamente distrutta dopo un estenuante assedio durato tre.
Idrogeologia del bacino del lago di Monate (1-2)
Nella delimitazione del bacino idrologico si e' tenuto conto degli elementi di superficie e di quelli sotterranei.
Secondo la situazione superficiale, il bacino idrografico risulta esteso su un'area di 5.75 Kmq, ivi compresa la superficie lacustre pari a 2,52 Kmq.
Prendendo in considerazione la situazione sotterranea della zona a SE di Travedona, dove l'assetto degli strati ocenici, immersi verso occidente, e' tale da favorire la percolazione sotterranea delle acque verso il lago, l'area del bacino risulta incrementata di 0,74 Kmq.; tenendo conto di questa appendice sotterranea, la superficie complessiva del bacino idrologico reale e' di 6,49 Kmq.
In base alle caratteristiche fisiche, i terreni affioranti nell'ambito del bacino possono essere suddivisi nelle due seguenti classi:
a) - Terreni coerenti, prevalentemente impermeabili: a questa classe appartengono i vari termini del substrato terziario, e cioe' i calcari nummulitici dell'Eocene, nonche' i membri marnoso e conglomeratico della Gonfolite ologocenica; si osserva tuttavia che localmente i calcari eocenici possono dare luogo ad una certa permeabilita' per fratturazione. A questa classe si possono scrivere inoltre le argille del Gunz che costituiscono, ove presenti, la parte basale dei depositi quaternari.
b) - Terreni incoerenti, con permeabilita' modio bassa: vi appartengono i depositi glaciali (morene) fluvio-glaciari e lacustri del Quaternario. Questi depositi presentano caratteristiche di permeabilita' molto variabili, essendo costituiti da sabbie argillose, sabbie ghiaiose, ghiaie e argille; il limo e' diffuso e talora prevalente, influenzando direttamente il grado di permeabilita' dei sedimenti. In questi termini sono presenti serbatoi idrici in corrispondenza degli orizzonti clastici dotati di maggiore permeabilita' ma in generale il grado di permeabilita' e' piuttosto basso.
Nell'ambito del bacino imbrifero di Monate i terreni prevalentemente impermeabili (Classe a) affiorano soltanto del 13% circa sulla superficie e cioe' in  corrispondenza della dorsale di Faraona-Ternate e dei rilievi di M. Pelada, tra Osmate e Comabbio. Il rimanente 87% dell'area e' ricoperto da sedimenti quaternari, con permeabilita' mediamente bassa (Classe b).
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31 Marzo 2024 - domenica - sett. 13/091
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La stazione centrale di Milano (3/3)
Così, a mo di sobria decorazione, i vertici fascisti pensarono di omaggiare infatti in questo modo. Hitler, nel caso fosse venuto a visitare Milano e avesse dovuto attendere il treno proprio in questo padiglione, per scoprire l'ultima curiosità, dovrete questa volta uscire dal padiglione reale direttamente sui binari. È un dettaglio, quindi, che potete vedere ogni volta che prendete il treno, basta andare al binario 21. Qui come grandi decorazioni esterne, troverete tre quadroni di piastrelle dipinte che rappresentano i momenti salienti della storia della dinastia Savoia. Concentriamoci però solo su uno, quello che a noi interessa in questo grande riquadro potrete vedere una scena Vittorio Emanuele, terzo cavallo. Che incontra Benito Mussolini, che tutto felice testante gli presenta l'Italia fascista, ma è un Mussolini un po strano, cioè non ha la faccia. No, non ha la faccia. Questo perché si dice che un partigiano durante i giorni della liberazione abbia sparato. Fucilate contro il volto di Benito Mussolini, presente proprio su questo riquadro, sia le piccole svastiche in legno all'interno del padiglione, sia questo volto trasfigurato di Mussolini, sono stati mantenuti durante i restauri come damnatio memorie, altro luogo nascosto della stazione centrale. Purtroppo oggi non più visitabile e il grande ricovero antiaereo collettivo risalente alla Seconda guerra mondiale è nascosto nel ventre, nella stazione. Con grande lungimiranza, il ricovero antiaereo è presente all'interno della stazione sin dalla sua inaugurazione nel 1931, costruito in mattoni. Momento è nascosto nel secondo piano interrato della stazione, è probabilmente uno dei più grandi e sicuri rifugi antiaerei collettivi di Milano. Parliamo infine nell'ultimo luogo nascosto all'interno della stazione. Il più segreto è il più triste, il binario 21. Questa volta però stiamo parlando del binario 21 sotterraneo. La particolarità della stazione centrale è infatti quella di essere stata costruita su due livelli diversi, un livello sotterraneo con magazzini e binari per il carico scarico merci a livello strada e un livello sopraelevato. Quello su cui voi oggi prendete i treni o li aspettate bene? E proprio da uno di questi binari sotterranei, dal binario 21, che fra il 1943 e il 1944 partiranno dei treni tristemente speciali, treni non più carichi di merce ma carichi di persone trattate. Le merci, vagoni carichi di ebrei e dissidenti politici e diretti verso i campi di concentramento nazisti. Pensate che è ben più di 800 persone, molte di più, partiranno da questi binari e ne torneranno pochissime. Da pochi anni all'interno del binario. Tu non sotterraneo, è ospitato grazie alla preziosa iniziativa della senatrice Liliana Segre, il memoriale della Shoah che aiuta soprattutto i più giovani, ma in realtà tutti noi a non dimenticare le brutture della storia, a fare in modo che queste non si ripetano. Nel memoriale troverete a farvi da colonna sonora solamente il rumore dei treni che passano sopra le vostre teste. E a fare da decorazione solamente le spoglie mura di cemento armato che sono parte dello scheletro originale della stazione, un tempo e anche durante gli anni della Seconda guerra mondiale questi ambienti erano i magazzini delle regie poste e il binario per la destinazione ignota. Era lo stesso su cui tutti i giorni si. Cercavo, si scaricavano sacchi pieni di pacchetti posta e corrispondenza. Sia il memoriale della Shoah che l'intera stazione centrale sono luoghi che meritano veramente di essere conosciuti e sono fra i tour che io organizzo, a cui sono più affezionata. Spero quindi di potervi conoscere. Persona di accompagnarvi a fare il giro della stazione centrale del binario 21. Se questo video ti è piaciuto condividilo sui tuoi canali social, controlla sul sito www.milanointur.it. Previsione a breve un tour all'interno della stazione centrale e del binario 21 memoriale della Shoah. Seguici anche su Instagram e su Facebook. E non dimenticare di iscriverti al mio canale Youtube, alla prossima esplorazione urbana, Ciao.
Quando il terribile Barbarossa e la città fecero pace
La sua carta d'identità: Federico I di Svevia, casata Hohenstaufen, imperatore romano e re di Germania, comunemente noto come il Barbarossa. Per i tedeschi un grande sovrano, un eroe della stirpe; per i milanesi ancora oggi, e sono passati otto secoli, un nome da segnare nell'elenco dei "cattivi". La storia si è incaricata di rendergli giustizia, ha cancellato valutazioni esagerate nell'uno e nell'altro senso: in questa luce cerchiamo di vederlo, rievocando alla buona il lungo rapporto che ha avuto coi cittadini nostri antenati. Non c'è dubbio, l'impatto iniziale è disastroso. Tutte le volte (cominciando dal 1154) che piomba in Italia il Barbarossa manda in crisi i milanesi, li costringe a subire pesanti diktat, li soffoca con tasse a balzelli, gli toglie in pratica la facoltà di gestire la propria autonomia, li obbliga a sopportare l'insulto di un podestà di nomina imperiale.
Il peggio arriva ai primi di marzo del 1162, quando la città stremata e affamata è ridotta alla resa e apre le porte al sovrano tedesco, il quale, esiliati fuori le mura gli abitanti, ordina di distruggerla, affidandone l'incarico agli alleati lodigiani, cremonesi, pavesi, comaschi, novaresi. Sull'entità di questa rovina ci sono state esagerazioni: con i dovuti distinguo, provocarono più danni i bombardamenti del 1943 che non il Barbarossa, che si preoccupò di abbattere soprattutto le opere di difesa e risparmiò tra l'altro chiese, monasteri e antichità romane. Tempo sei anni (dunque assai meno di quanti occorrono per terminare la nuova sede del Piccolo Teatro) e Milano risorge. Poi la rivincita: il 29 maggio 1176 il Barbarossa è sconfitto a Legnano. Altri anni passano e all'imperatore ai milanesi il pragmatismo in politica suggerisce di intavolare un dialogo diverso. "Quando in Federico - scriveva Cesare Cantù - non vedemmo più un padrone ma un amico ci trattammo colle migliori cortesie: qualora venne a trovarci lo accogliemmo a grande onore; festeggiammo le nozze che volle qui celebrare di suo figlio colla erede del regno di Sicilia; noi gli demmo danari perchè n'avea bisogno, ed egli cedeva a noi terre imperiali del contado; noi promettevamo a lui di conservargli i domini suoi in Italia ed egli a noi di non far lega con altre città senza nostra saputa: e molti de' nostri l'avranno accompagnato quando andò crociato in Palestina, ove morì". Giugno 1190, annegato nel fiume Salef.
"Venne a trovarci" una prima volta nel settembre 1184 e ritornò nel gio dell'anno dopo, prendendo alloggio nel monastero di Sant'Ambrogio. E in Sant'Ambrogio (mentre la Zecca faceva battere in suo nome tre monete d'argento) il 27 gennaio 1186 presenziò al matrimonio di suo figlio Enrico con Costanza di Sicilia.
Per l'occasione, i milanesi avevano nascosto sotto un telo la lastra di marmo che sull'antica Porta Romana raffigurava il Barbarossa trascinato all'inferno da un mostro demoniaco (è conservata al museo civico del Castello Sforzesco). Stante la nuova alleanza non era il caso di esibire agli occhi di Federico un'immagine derisoria, che ricordava antichi odii, ormai sepolti.
Des ann dopo la battaglia de Legnan col Federich, disemm, gh'è staa la pas.
Ma, coi Comasch Paves e Lodesan gh'è ancamò el grèmm:
o bocca tas.
El Barbarossa, che l'era minga on boeu, in Sant' Ambroeus el presenzia al sposalizi de la Costanza cont el sò fioeu, el Ricoeu, mettend in del scorbin i vecc malefizi. E inscì stim a la man,
(1) - no l'era un gran demòni, a pensagh ben, che, in del trà giò Milan l'ha lassaa indree i ges e anca i convent.
1) canestro, cesta, paniere. Qui "mettend in del scorbin" significa (scordare, dimenticare).
Idrogeologia del bacino del lago di Monate (2-2)
Il bacino e' caratterizzato da apporti di natura esclusivamente meteorica che alimentano, precipitazione diretta, il lago e, per percolazione e infiltrazione sotterranea, la falda idrica; quest'ultima si estende intorno al lago, impregnando i serbatori naturali che contornano il bacino; la s uperficie freatica e' inclinata verso il lago e si raccorda con la superficie lacustre. Il rapporto tra l'area del bacino imbrifero, che e' molto modesta, e quella del lago e' tale da rendere piuttosto difficoltoso e lento il rinnovo delle acque del lago, a causa del limitato volume degli afflussi nel bacino.
I deflussi del bacino avvengono attraverso un solo emissario, il torrente Acqua negra, che da Travedona raggiunge il lago maggiore.
Le osservazioni effettuate in superficie e alcune indicazioni del sottosuolo consentono di affermare che il lago di Monate e' s soggetto a qualche perdita idrica nel sottosuolo. Si tratta verosimilmente a percolazioni sotterranee di entita' piuttosto modesta che hanno luogo nella zona sud del lago, presso la cascina della Palude, verso il bacino di Comabbio, nonche' lungo il versante situato a NW dell'abitato di Monate, verso il bacino dell'Acqua Nera: in quest'ultima zona si individuano in particolare alcune sorgenti, la cui portata complessiva e' valutata intorno a 4-5 litri/s, situate a zone comprese tra i 230 e i 255 metri circa e certamente alimentate dalle acque del vicino lago di Monate, che si infiltrano attraverso le morene delimitanti il lago stesso verso nord.
Non si hanno invece indizi di perdite lungo il limite orientale del bacino imbrifero (zona Travedona-Moncucco), ne' verso WSW (Cadrezzate-Osmate), cio' dovrebbe essere dovuto alla presenza del substrato roccioso a modesta profondita', quindi in grado di assicurare l'impermeabilita' del bacino in questa zona.
 
       **************** fine giornata ************************
 
La lista degli argomenti della settimana 13
  1. Busto Arsizio - Gli inizi del borgo cap. 2 (2/4)
  2. Nella Zecca perduta i fasti di Mediolanum
  3. El vivoeur
  4. Busto Arsizio - cap. 8 (1/5)
  5. Il Bottonuto (2-2)
  6. Marzo (2/3)1
  7. La stazione centrale di Milano (1/3)
  8. Marzo (2/3)2
  9. Vita da cani di lusso nella dimora di Bernabò Visconti
  10. L'è ora de finilla cont i privileg! l'è l'ora di benefiT
  11. Cap. 5 - Busto Arsizio - La posizione del borgo
  12. Segond de come tira el vent sona i campan del convent.
  13. Gent che leva su quand canta la vacca, l'è tarda de rifless e semper stracca.
  14. Busto Arsizio - Gli inizi del borgo cap. 2 (3/4)
  15. La stazione centrale di Milano (2/3)
  16. El vivoeur
  17. Poeu pensall domà ona persona matta de robagh el lard de bocca a la gatta!
  18. Dramma al convento di santa teresa (2-2)
  19. I galli cisalpini (2-5 )
  20. Idrogeologia del bacino del lago di Monate (1-2)
  21. La stazione centrale di Milano (3/3)
  22. Quando il terribile Barbarossa e la città fecero pace
  23. Idrogeologia del bacino del lago di Monate (2-2)
 
Sommario
Le dirette
Pensiero della settimana
Non esistono donne brutte. Dipende tutto da quanta vodka bevi.
Errare humanum est, perseverare ovest.
Chi la fa, l’aspetti. Chi non la fa, si purghi.