RVG settimana 52
 
Radio-video-giornale del Villaggio
 
Settimana-52 del 2023
 
RVG-52 - da  - Radio-Fornace
 
Settimana 52       2023-25-12 -  Dicembre - Calendario - la settimana
lunedi        25/12       settimana 12        359 giorno
marrtedi        26/01       settimana 12        360 giorno
mercoledi        27/01        settimana 12       361 giorno
giovedi        28/01        settimana 12        362 giorno
venerdi        29/01        settimana 12        363 giorno
sabato        30/01        settimana 12 364 giorno
domenica       31/01       settimana 12        365 giorno
 
25 Dicembre 2023 - lunedi - sett. 52/359
redigio.it/rvg100/rvg-52-359.mp3 - Te la racconto io la giornata
Cosa ascoltare oggi
  1. redigio.it/dati2606/QGLO526-nebbia-superga.mp3 - Nella nebbia di Superga, la tragedia del Torino -
Toponimi di Biandronno
17) Roncato: o Runcàar è la zona che porta dal Gesiolo fino al comune di Travedona tramite una leggera salita. Il toponimo è dei più frequenti in tutta la Lombardia ed è un derivato dal latino runcare "sarchiare, dissodare". La voce dialettale ha un suffisso diverso dalla forma ufficiale, forse da far risalire all'aggettivo latino runcalem "relativo al ronco"
18) Rööch: monticello a sud-est del paese che ospita l'attuale acquedotto di Biandronno. Il nome con tutta probabilità è da far derivare dal termine "roca" o "rocca" con il significato di "promontorio" 3.
19) Sötcà: piccola area al di sotto della Baserga verso il Lago di Varese un tempo zona di campi coltivati, ora area residenziale. Il nome è con tutta probabilità un composto di "sotto" e "casa" con riferimento appunto al nucleo abitativo in zona Baserga.
Cosa preparo oggi
El pollin de Natal - Mamma l'è chi el Natal e mi ancamò 'me 'l fuss incoeu, te vedi a fagh el pien al pollin: quel to pien faa tanto ben... - Me regordi che te fasevet giò tutt el sò fidegh ben a tocchelitt con del lard, anca quella a quadretitt, e che peu te i mettevet in bielletta con di brugn secch, gross, tòcch de pomella, castegn giamò ben còtt in la padella, luganega a boccon, ona branchetta de nos ròtt a fesinn e on quai cugiaa de formace de quel bon e pan grattaa. - Peu, messedaa tuscòss a man ligera, dent, dent in del pollin, dent in del gòss, in la panscia a tirall rotond e gròss strengendel poeu in d'ona tal manera, cusii e ligaa in gir, ma tanto fòrt 'mè se 'l dovess scappà anca dopo mòrt. - E tutt quest la vigilia. Poeu a Natal te'l mettevet a foeugh in padelòtt con denter lard, butter e, fina còtt,  
Il porto di Milano
viale Gorizia ang. ripa di Porta Ticinese - È il "porto" di Milano. Vi convergono 3 canali: il Naviglio Grande, il Naviglio Pavese e il Naviglio Interno. Essi furono costruiti allo scopo di portare acqua alla città per migliorare la difesa militare, le attività commerciali e artigianali, la salute pubblica. Il Naviglio Grande fu il primo a essere costruito. Pochi anni dopo la distruzione della città da parte dell'imperatore Federico I detto il Barbarossa, nel 1179 i Milanesi iniziarono i lavori per portare fin qui le acque del lago Maggiore e del Ticino, con un percorso di 50 km. Il Naviglio Interno, costruito nel '400, attraversava la città con un sistema di conche, ma è stato coperto negli anni Trenta per facilitare i trasporti su terra. Esso portava qui, attraverso il canale della Martesana, le acque provenienti dal lago di Como e dall'Adda. Il Naviglio Pavese fu completato nel 1819 e, in deflusso, si riallaccia al Ticino nella sua parte navigabile e quindi al Po e al mare. La Darsena fu costruita ai primi del '600 sotto il governatore spagnolo Pedro de Acevedo conte di Fuentes. In Darsena arrivavano chiatte trainate controcorrente da cavalli (poi motorizzate), cariche soprattutto di sabbia e ghiaia, ma anche di legname e persone. Attraverso il Naviglio Grande fu trasportato il marmo per il Duomo, che arrivava dalla cava di Candoglia lungo il fiume Toce e poi il lago Maggiore.
Villaggio turistico 1/4 - Animatori di sesso maschile
Il bonazzo - Tipico esempio di bonazzo. - Il bonazzo è in genere aitante, ma non palestrato, e se lo è con misura. Cura il suo corpo con attenzione ma senza eccedere per non apparire effeminato e gaio e per questo gira sempre a torso nudo. È possibile riconoscerlo perché porta quasi sempre una bandana a motivi floreali o geometrici e occhiali da sole riflettenti stile ciclista/sciatore estremo quando gira per la spiaggia di ombrellone in ombrellone a reclutare vittime. La sua utilità nello staff intrattenimento del villaggio è pari a zero: serve solo per attirare sciami di stupide adolescenti accompagnate dalle loro madri a partecipare alle attività organizzate, come ad esempio la beach volley. Di solito è l'animatore capo oppure il coordinatore delle attività organizzate nel villaggio, un eufemismo per dire che non conta un cazzo perché non ha alcuna competenza. Condivide con il piacione la capacità di sedurre le donne, ma al contrario di quest'ultimo non lo fa con malizia o comunque lo fa con una certa discrezione. È tuttavia stupido come una barbabietola.
Il piacione - Il piacione è una delle tipologie di Animatori più pericolose. Il suo aspetto varia molto ma in genere è un ragazzo dai capelli lunghi fino alle spalle, raccolti in un codino se lisci, lasciati liberi al vento se ricci o mossi. Viso volitivo e abbronzato dal sole, occhi verdi o castano chiaro, fisico asciutto e slanciato, si presenta come un giovincello di vent'anni o poco più, sprezzante e disinvolto. Spesso ha la passione del ballo o della recitazione ma ancor più spesso quella della figa. Non si riuscirà mai a vederlo fermo durante la permanenza, nemmeno quando mangia, difatti è la dimostrazione vivente della validità generale del Principio di indeterminazione di Heisemberg. Spesso è lui che organizza ed esegue balletti e/o scenette comiche ed è lui che ancora più spesso si occupa di far divertire le giovani adolescenti. Data la sua disinvoltura abborda impunemente qualsiasi ragazza o ragazzina gli capiti a tiro con frasi standard, come ad esempio:
« Facciamo quattro tiri a pallone, dai! »
« Se vieni con me ti faccio vedere una cosa stupenda! »
« Sono sicuro che sei curiosa di sapere cosa c'è dietro il promontorio laggiù... »
« Dai, vieni a fare una passeggiata con me in quel frutteto! »
Di solito queste ragazzine di sedici e diciassette anni portano con sé una loro amica, per cui il piacione riesce a farsene due e quando è fortunato tre alla volta. Ovviamente lo s---------o di queste giovini pulzelle causa nei loro genitori, se riescono a venirne a conoscenza, esplosioni di ira tali da trasformare vacanze tranquille in una azione vendicativa alla Punitore. Le reazioni dei padri sono le più terribili. Ad esempio:
« Tu bottana! U disunuri n'ta nostra famigghia facisti cadiri! Ti facisti N'tuppare i buca! N'tuppare i buca! Ma su pigghiu ddu figghi'e bottana ci strappu i paddi... » - (Padre siculo visibilmente alterato)
Il giocherellone - Tipico esempio di giocherellone. - Il giocherellone è quel soggetto strambo che organizza di continuo scherzi di una cattiveria incredibile verso chiunque gli appaia come una vittima anche minimamente appetibile, facendo poi ricadere la colpa sugli altri animatori del suo gruppo. Di solito non è tra i più carini del gruppo intrattenimenti, ma ha fascino, umorismo e intraprendenza, caratteristiche che lo rendono agile sul palco quando deve recitare parti comiche che lo fanno apparire agli occhi delle adolescenti prive di volontà e rispetto di sé una splendida creatura. Di solito indossa un paio di mutande o un canottiera avvolte in testa come fosse una bandana, qualche maglietta insulsa che inneggia al casino e il costume, che non cambierà mai durante l'intero periodo di durata del suo contratto. Tromba quasi quanto il piacione, ma preferisce donne un po' più mature, almeno sopra i diciotto anni e di solito una volta scelta una ragazza cerca di esserle fedele. Ovviamente senza successo dato che di solito i villaggi turistici in località marittime sono dei veri e propri ficai e si sa che un giovane lasciato libero in un ambiente così non sa regolarsi. Di solito a tale categoria appartengono gli animatori provenienti da luoghi come Napoli e tendono a prodursi in frasi alquanto volgari.
NATAL
Finalmente giungeva il mattino. In un attimo erano tutti vestiti; poi si creava una gran confusione, mentre ognuno, cercava i propri doni. Solo il nonno interveniva a rimettere un po' di ordine.
Per mano, a due a due, si andava in chiesa, a sentire le prime tre messe, con il suono della piva, con i "bascantadùi" e con il Bambino sul presepe. Finita la triplice messa, il nonno rimetteva tutti in fila e li conduceva dai "Ciavanàschi" a bere la grappa, che usciva ancora calda dal "lambicu". Ne beveva un bicchierino da solo, mentre i ragazzi ne avevano uno ogni tre e i più piccoli una sola goccia. Poi, tutti a casa.
Si prendeva una prima zuppa condita col cucchiaio di "gratòn", poi ce n'era una seconda e una terza. A mezzogiorno, si faceva una spanciata di risotto, di carne e oca, di formaggio, di uva del "roscio" e di caffè. Era un vero "mangia da sciùi".
Nel pomeriggio (mèzabasùa), col nonno si faceva il giro dei Presepi di tutte le chiese; i commenti erano molto animati. Alla sera, si stava tutti attorno al camino. Il fuoco era avviato con della paglia o dei tutoli di granoturco. Fatta la brace, ci si metteva il "sciòcu" (ciocco) e si protendevano le mani, per ricevere calore.
Dal ceppo ardente, si sprigionavano fiammelle rosse, verdi, violette. Quelle rosse erano di Lucifero; quelle verdi di Brindinello, quelle violette di Sbarbatello, i più famosi diavoli dell'Inferno.
Seguiva un ultimo rosario e poi si andava tutti a letto.
Nella vita di allora, c'era molto più spazio per la fantasia, per il sentimento e per le piccole come per le grandi cose. Bastava un camino per riunire una famiglia; era sufficiente una lunga storia per affascinare tutti, senza che nessuno chiedesse quale fosse la verità e quale l'immaginazione. In ogni casa c'era una figura che faceva da perno e non avveniva no lotte per avere il sopravvento l'uno su l'altro. Non sarebbe giusto dire che quei tempi erano mi gliori degli attuali o viceversa; semmai, si potrebbe cercare di recuperare qualcosa che di buono esisteva una volta ed ora non c'è più. Che cosa succederebbe, ad esempio, se l'austerità ci riportasse il caminetto?
"Ma 'n bel foeugu tradiziunal che l'é gioia e l'é puesia,
a l'é l foeugu dul di natal. E in chèl dì, cun nustalgia, chi g'ha non un tèciu e un pan, chi cha viv da ca luntàn i suspiran 'me 'n gran bén anc'ul foeugu d'un camén...
(Il fuoco natalizio è un fuoco, tradizionale, che è gioia e poesia.
In questo giorno, con nostalgia, quelli che non hanno tetto e cibo, quelli che sono lontani da casa darebbero chissà che cosa per avere il fuoco di un camino, quasi fosse un gran bene. Questo amico buono e saggio, che con noi sempre divide gioie, dolori e piange e ride mi parla nel suo linguaggio. Quando la fiamma viene in avanti, arrivano i credi- tori; quando la fiamma corre indietro, sta arrivando del denaro).
E st'amisi bon e sàgiu, che cun neun sempr'al dividi gioi, dului, e al piangi e al ridi, al ma parla ul so lenguagiu, Cand'al bufa ul foeugu dananzi creditui cha vegn inanzi; candu poeu al bufa da dré in dané cha vegn in pé!
       **************** fine giornata ************************
 
26 Dicembre 2023 - Martedi' - sett. 52/360
redigio.it/rvg100/rvg-52-360.mp3 - Te la racconto io la giornata
Nessuna notizia dal Villaggio
Cosa ascoltare oggi
  1. redigio.it/dati2606/QGLO586-alberi-Milano-01.mp3 - Alberi a Milano
Radio-Fornace
Cosa preparo oggi
La carne cruda - Gh'è a chi ghe mett disgust al vedè a mangia de gust carne cruda, e gh'è anca quel che golos ne fà ona pell.
Ecco per chi gusta carne cruda, come condirla. Mettem on dò porzion. Carne de manz de primma, magra, nuda de pell, de nerv, de grass. Part scamon. Masnada dò volt, mèttela in piatt, giuntagh do inciod mondaa e spappolaa, dò erborinn verd, fresch tridaa giò a l'att, el sugh de mezz limon e poca saa, pever, on ross d'oeuv crud, e bell e ben d'oli d'oliva. Si, con la forchetta impastà su tuscoss mè 'l fuss on pien. Mèttela in tavola e insemma a la diletta sposa, fagh la festa in santa paas, bevendigh dree 'na tazza de brodin.
Gustela. Se la pias, diree: l'è on bonbonin. Avvertenza. Preparala quand l'è vora de mangiala. Prontada da dò or la ciappa brutt color.
Se taija peu la fesa a bei fetitt, la se impiatta e se salza e, soravia ghe se somena sù di capperitt. Ma però 'sta manera la saria moderna. Ona voltà in realtà se fava inscì: Mett el vitell a coeus ben in ristrett, come quell là e bagnaa giust a mezz con dent on bell biccer de vin bianch magher, tri cugiaa d'asee, cinq d'òli e denter el sò ton i inciod, on bell micchin ben ben scrostaa, per ligà la bagnetta, peu on boccon de scigola el saa, laur, pever fin. Quand l'è ben cott e l'è sfregiaa ben, ben, in la soa bagna, col sedazz de crin passagh la bagna per do volt almen.
In ultim la se rangia col limon. Poeu, come l'alter, anca quest, tajaa suttil, el se comeda su on piatton, quataa de bagna e coi capper somenaa.
Viaggio nel tempo
Blitz antivagabondi (17 gennaio 1929) Allo scopo di spiegare la ragione di esistenza di numerosi sfaccendati e vagabondi che ancora si trovano numerosi a Milano, il Questore ha ordinato alcune sorprese nei pubblici locali, particolarmente indicati come luoghi di convegno di tali persone indesiderabili.
Cose di Milano
Il "ponte dei Morti" - via Francesco Sforza ang. via San Barnaba - Da un portale secondario dell'Ospedale (Cà Granda) che si affacciava sull'omonimo Naviglio (rimasto scoperto fino agli anni Trenta), per secoli, uscirono i morti poveri trasportati nudi su un carro, oltre il "ponte dei Morti", in casse apribili sul davanti per agevolarne lo scivolamento nella foppa del cimitero del nosocomio, la Rotonda della Besana. I ricchi venivano invece sepolti nelle chiese.
La Cà Granda è stato il primo ospedale laico del mondo occidentale. All'inizio, venne gestito da un "governatore de li granari", disponeva di due "primari", di quattro "fisici" (medici), di quattro "ciroici" (chirurghi), di un farmacista e di quattro specialisti, rispettivamente per il morbo gallico (la sifilide, portata in Italia dalle truppe di Carlo VIII), per la tigna, per i calcoli renali e per l'ernia. I criteri per la salvaguardia dell'igiene erano innovativi per i tempi, ma non prevedevano una separazione per tipo di malattia e due malati potevano giacere nello stesso letto. Nelle corsie becchettavano le galline e giravano i venditori ambulanti. Un visitatore straniero dell'epoca annotò: "Esso spedale nutre giornalmente 1600 persone oltre gli ammalati, giacché stanno ivi contabili, scrivani, barbieri, sarti, calzolai, dimodocché il contabile novera ogni anno allo spedaliere 30000 ducati milanesi".
Busto Grande - 170 anni fa
Capitolo quinto
La contrada della Macchina, ora via Solferino, prendeva nome, dal 1836 o '37, da quell'ordigno per spegnere gli incendi, frequenti nel borgo di Busto e nei dintorni, che la Deputazione Comunale aveva provveduto ad acquistare e alloggiare, con grande giubilo dei paesani, in un apposito fabbricato.
La « Macchina Idraulica » era forse una diretta discendente di quella « Tromba Napoleone » che l'inventore professor Carlo Castelli, canonico della metropolitana di Milano, aveva descritto e dedicato nel 1808 al vicerè Eugenio. Consisteva, questa macchina per « innalzare l'acqua » in una grossa specie di botte montata su quattro supporti e provvista, ad una delle estremità, di una lunga doppia stanga alla quale si attaccavano quattro facchini. Il movimento ad altalena impresso alla stanga metteva in azione la pompa e, dalla botte, che succhiava acqua con un lungo tubo nei pozzi o nelle rogge sprizzava un discreto getto che, quando c'era, poteva essere diretto contro il divampare del fuoco.
Figuriamoci dunque l'arrivo a Busto Grande di un simile ordigno, unico in tutta la zona da Saronno al Ticino e da Legnano a chissà dove, forse anche alla vicina Svizzera.
La Deputazione, dopo aver provveduto al confacente alloggio e aver dato il nome alla strada che la ospitava, nominò un custode e un assistente al custode, un « Direttore della Pompa », cinque addetti alla macchina, due facchini, un garzone, e un carrettiere addetto al trasporto: dodici persone in tutto. Nel 1837 poi, con rispettata ordinanza dell'Imperial Regio Governo, << di cui al dispaccio del 31 luglio n. 13201-2088 »>, si provvide anche all'approvazione di una Tariffa per il noleggio della detta Macchina, dal momento che le chiamate urgenti si facevano sempre più numerose e... lontane.
E così avvenne che, nella notte del 5 al 6 febbraio del 1854, il Tenente Comandante dell'I. R. Pelottone di Gendarmeria in Gallarate, visto che un grande fuoco divampava nella casa dei macellai fratelli Buffoni, distaccò il pro-Caporale a Cavallo della Brigata e lo spedì, pancia a terra, lungo lo stradone per Busto a invocare soccorso. Arrivò costui col cavallo sfiancato al Ponte dei Re Magi o di Savico; riempì le strade del rumore degli zoccoli sull'acciottolato e svegliò il Cursore Pietro Crespi, guardia municipale e direttore della macchina, che diede mano alle campane.
Suonare a fuoco allora voleva dire mettere in allarme e in eccitazione tutto il borgo. Gente alle finestre e per la strada, trambusto, grida, domande e battimani al giungere dei brentatori, o addetti alla macchina, svegliati nel più bello del sonno e che si presentavano trafelati, con le brache slacciate e a « pentèra ». Intanto arrivava il Fighetta carrettiere, alias Giuseppe Colombo, con carro e cavalli, e il Feré Giovanni detto Torella, direttore della pompa, e il garzone Augusto Brumino. Si accendevano i moccolotti nei fanali del carro, si issava a braccia la macchina, si agguantavano gli arnesi, le scuri e gli elmi e, frusta ai cavalli e fiato alla tromba, e sbatacchiare a distesa della campanella di bronzo che sovrastava la macchina, il carro si lanciava per la Corsìa di Ticino, usciva dalla Porta Piscina, passava a fianco della Madonna di Prato, e via, via per la strada Gallarasca col pro-Caporale dei Gendarmi a fare da avan- guardia, via a rotto di collo per i campi, oltre << ul Gesioeu », oltre le Cascine Selvascia e Malavita, oltre la Cascina dei Poveri, oltre la Madonna in Campagna, guidato ormai dal balenare dell'incendio e dal gridare della gente che aspettava, lungo lo stradone, la << macchina idraulica di Busto », per il brivido di vederla passare luccicante di ottoni, fra il fracasso della campana e della ferraglia e delle ruote, e le grida di incitamento e di contentezza dei curiosi.
L'incendio della casa Buffoni venne spento; ci si bevve su qualche bottiglione di vino e si ritornò passo passo in quel di Busto a rendere edotta la Deputazione del dovere compiuto. La quale Deputazione provvide, secondo tariffa, ad emettere, il 17 febbraio, una distinta della spesa, risultante in lire trenta, e ad inviarla, per la prevista via gerarchica, tramite l'Imperial Regio Commissario Distrettuale, al Comune di Gallarate, capoluogo del distretto III, chiedendone il rimborso.
<< La scrivente dietro invito spedito dalla Deputazione Comunale di Gallarate la notte del 5 al 6 corrente, onde le venisse spedita questa macchina idraulica per estinguere un incendio scoppiato in quel Comune, la stessa ordinò immediatamente che fosse spedito un tale soccorso, per il quale si è incontrata la spesa risultante dall'unita distinta.
« Si prega pertanto la compiacenza di questo I. R. Commissario a voler rimettere alla Deputazione di Gal- larate la specifica sud.a redata in base alla Tariffa approvata dell'I. R. Governo con dispaccio 31 luglio 1837 n. 13201-2088, invitandola a voler emettere il mandato di rimborso a favore di questo Comune ».
Delle trenta lire, 4 erano dovute al carrettiere, 6 al custode e direttore, 2 ad ognuno dei sei addetti alla pompa e 8 al Comune « per guasti eventuali alla Macchina e suoi attrezzi ».
Ma la Deputazione di Gallarate non pagò!
Passarono giorni, settimane, mesi: le sollecitazioni e i buoni uffici del Commissario non approdarono a nulla.
Gallarate non pagava!
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27 Dicembre 2023 - Mercoledi' - sett. 52/361
redigio.it/rvg100/rvg-52-361.mp3 - Te la racconto io la giornata
Cosa ascoltare oggi
  1. redigio.it/dati2606/QGLO587-alberi-Milano-02.mp3 - Alberi a Milano
Nessuna notizia dal Villaggio
Il lavoro dei milanesi
Il lavoro è certamente nelle nostre corde e spesso veniamo criticati perché a Milano si corre invece di camminare. Ma dove credete di andare ci dicono ma noi sappiamo anche andare piano quando è opportuno
Ma se ci si pensa bene, il fatto di correre quando si è impegnati, è la premessa per avere più libertà per gestire il nostro tempo. Tanto per fare un esempio, se ho un appuntamento a una certa ora, preferisco arrivare qualche minuto prima e ottienici due risultati uno fa bella figura e avere più tempo per fare quello che devi fare e questo è il principio che sta a capo Del nostro tempo libero
Dopo aver lavorato anche duramente, cerchiamo di compensare con qualcosa di gratificante che può essere una gita della domenica una vacanza più lunga magari una seconda casa, a questo proposito tieni presente che da secoli i milanesi, naturalmente quelli più signori, sono conosciuti per le più belle ville di Lombardia in Brianza e ai laghi e andando ancora più indietro nel tempo per i castelli che i Visconti hanno sparpagliato qua e là fino alla attuale Svizzera con i loro begli stemmi col Biscione. peraltro questa non è un'esclusiva del milanesi perché ovunque i ricchi hanno fatto e fanno le stesse,cose ma qui da noi in Italia voglio dire i milanesi hanno continuato fino a oggi e si può dire che non c'è luogo di vacanza dove non siano ben accolti
Cose di Milano
El vicol di lavandee -  vicolo dei Lavandai ang. alzaia Naviglio Grande
Del tipico lavatoio ne è rimasto solo qualche esempio. La lavandaia (lavandera) appoggiava sulla pietra inclinata (preja) un asse di legno a tre sponde con impugnatura (brellin), su cui fregava i panni utilizzando come solvente el palton. Esisteva la lavandera de color, de bianch, de gròss, de fin.
A inizio '800 ci si ingegnava con mestieri per strada: el magnan stagnava le pentole, el strascee ritirava panni usati, el rottamatt ritirava ferri vecchi, el ciaparatt cacciava topi, el moletta era l'arrotino, el cadreghee l'impagliatore di sedie, el trombee l'idraulico. Quando non esisteva il sostantivo specifico si usava il pronome quèll e l'oggetto: quèll del zuccher filaa, de la riffa (venditore di dolciumi a scommessa), de la scimbietta (scimmietta) e de l'orghenin, del lott, di rann (delle rane), di cuni che vendeva le castagne di Cuneo infilate a collana, di pericotti (pere cotte), de la gnaccia (castagnaccio) che veniva dalla Toscana.
Per strada era facile incontrare le piscinine (apprendiste) che consegnavano a domicilio grandi scatoloni coi vestiti delle signore, ma in troppe poi avviate alla prostituzione. A fine '800 in migliaia trovarono lavoro nelle fabbriche. Le condizioni erano dure, fino a 14 ore di lavoro al giorno, senza ferie, senza mutua per le malattie né pensione per la vecchiaia. Per donne e bambini tre e sei ore di lavoro per un chilo di pane, rispettivamente.
La riapertura dei Navigli
A Milano non si sta mica con le mani in mano, piuttosto si passa il tempo a scavare buche e poi a coprirle, e se ancora non è abbastanza si usano le buche per farci passare l'acqua dalla Svizzera a Venezia, ed ecco che abbiamo i Navigli: degli azzurri ruscelli dove saltano le trote e cadono le biciclette.
E non è abbastanza: adesso è il periodo della riapertura delle buche, e il sindaco annuncia festante: "Si andrà in nave da Locarno a Venezia via Milano!"; salvo poi ripensarci e rettificare: "in effetti non saranno delle normali navi, ma delle imbarcazioni più piccole, tipo transatlantico o superpetroliera; inoltre, così anche la Svizzera potrà avere la sua flotta di sottomarini nucleari, che risalendo sotto piazza del Duomo - dando la precedenza alla metro gialla - attraccheranno alla loro base svizzera, formata da cioccolato svizzero con latte munto da mucche svizzere, che mangiano erba svizzera che cresce su suolo svizzero calpestato da piedi svizzeri che indossano scarpe svizzere prodotte da mani svizzere che agiscono mosse da pensie..." (non è riuscito a terminare la frase, svenuto per carenza di ossigeno nel sangue - causa ipoventilazione). Alcuni sospettano un atteggiamento eccessivamente filosvizzero da parte del sindaco, ma solo perché non sono svizzeri; per tutti gli altri è un vero italiano, che in quanto tale pensa alla Svizzera per distrarsi dallo Stato italiano.
Ul mangià dul di Natal
A Natale mangiano tutti, a Busto come in ogni altra località sia d'Italia che del mondo. E mangiano differente del solito e più del solito. È tradizione di festeggiare il Natale con una buona mangiata. La tradizione non l'ho inventata io, c'era già quando son nato. Mi limito quindi a registrare, quale cuoco brevettato della squisita ed impareggiabile cucina nostrana, quello che nel pranzo di Natale i bustocchi solevano mangiare nei tempi andati, quando, cioè, il Natale (in fatto di pacciatoria) si verificava solo una volta l'anno. Debbo rettificar questa affermazione e toglierle l'assoluto. Si mangiava come a Natale anche quando si faceva qualche sposalizio: e bot lì.
Dunque, a Natale si mangiava differente e più del solito. Fermiamoci per il momento al più del solito, il che richiede una certa preparazione. C'era (parlo sempre dei tempi passati) chi prendeva il purgante due giorni prima per vuotare la sacca e poterla riempire a tutto agio e c'era anche chi si massaggiava le mascelle una settimana prima per allenarle allo sforzo continuato del masticare per alcune ore. Avverto che questa ultima abitudine non è scomparsa del tutto, ad evitare che lo stomaco abbia ancora capienza per contenere il cibo e le mascelle non rispondano più alla funzione masticatoria, per difetto di allenamento. Sarebbe una grande delusione!
Un bustoccu tradizionalista non mangerà mai la mattina di Natale il latte. Perchè? il latte generalmente, si mangia tutti i giorni del calendario. A Natale bisogna fare diverso. C'è il brodo di carne e cappone, il che impone di mangiare di buonora un'ottima zuppa o quanto meno un buon brêud'e vén, per preparare lo stomaco al gran pasto di sostanza. Tutti i giorni si mangia a mésdi; il di Natale si mangia alla una (alle tredici). E si continua per alcune ore fin che ul stòmagu al refüda ul mangià. Crèpa panscia che ùa roba la vânza!
Veniamo alla lista del gran pranzo, atteso da mesi e da mesi, con grande ansia nelle settimane di vigilia.
Capo primo: quàttar fraschi da salàm mistu e un par da sardin, tanto per iniziare.
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28 Dicembre 2023 - Giovedi' - sett. 52/362
redigio.it/rvg100/rvg-52-362.mp3 - Te la racconto io la giornata
Cosa ascoltare oggi
  1. redigio.it/dati2606/QGLO531-Sacro-Monte-02.mp3 - Il nostro Sacro Monte
Nessuna notizia dal Villaggio
Toponimi di Cadrezzate
CADREZZATE  - Cadrezzate: m. 281; kmq 5.00; abitanti 1570. - Comune della provincia di Varese, situato 18 km a sud-ovest di Varese sulla sponda occidentale del Lago di Monate. - Il nome è attestato per la prima volta in alcuni documenti nell'anno 999 come Cadregiate. L'origine del toponimo è dubbia e si potrebbe far risalire ad un antroponimo del tipo *Catricius o Catrinius. Un'ipotesi più datata riconosce in Cadrezzate l'antroponimo Quadratius attestato in vari documenti.
1) Baraggiola: in dialetto Barigiöre. È una piccola area nei pressi del centro del paese, un tempo adibita a rimessa per gli attrezzi dei campi, ma anche utilizzata come piccolo spazio di terra per coltivare verdure ad uso domestico. Il nome è diffuso in più luoghi lombardi anche in varie altre forme (cfr. Baraggia nel comune di Vimercate -MI-, Barazzina nei pressi di Lodi). Il toponimo deriva dal'appellativo dialettale lombardo e piemontese baragia che significa "landa", "luogo incolto". E' possibile una connessione con la voce friulana baràzz "rovo". Alcuni vi scorgono una radice gallica *barros "roveto, sterpeto"
Cosi' di raccontava
La miee carogna - El ven a cà, on poo invers, prima di vott: el mangia, el bev, servii come on grand omm e poeu, television, puttann mezz biott, l'è lì, biccer in man, che 'l pesa i pomm.
Mì voeuri nient de ti, cara Madonna; però, se capitass che a ona quaj ora appenna stravaccaa su la poltronna, ghe ciappa on colpettin, ona malora...
L'è no che mi ghe voeuri minga ben: mi parli con amor, senza velen. E propi per salvà el mè sentiment
te preghi che ghe vegna on accident. L'è l'unica : passaa el temp di benis l'amor bisogna mettell in cornis.
Miti milanesi
Essendo i vigili urbani molto amati dai milanesi, vige la tradizione natalizia di regalare loro panettoni, dolci arricchiti con veleno per topi, o guttalax. La polizia locale è molto selezionata; pare che gli unici accoppiamenti consentiti siano quelli tra agente maschio e agente femmina, al fine di garantire la continuità della razza.[7] Il pensiero che più domina il vigile urbano medio (specie se automunito o motomunito) alla vista del misero cittadino all'interno della sua autovettura è: "Io sono il tuo Dio e la cintura di sicurezza il tuo credo, indossala anche a traffico fermo, in quanto potresti costare alla collettività e non garantirci più il pane". Da non sottovalutare anche l'uso comune di piazzarsi a 20 km/h in mezzo alla strada creando code infinite in attesa che qualcuno osi effettuare un sorpasso per multarlo. L'ausiliario della sosta altro non è che il fratello povero del poliziotto locale; anch'egli ha funzioni inibitorie sui milanesi che parcheggiano dove possono, in quanto tutti i parcheggi sono saturi dei catorci degli extracomunitari lasciati ovunque.
Busto Grande - 170 anni fa  Capitolo quinto
Gallarate non pagava!
E argomentava: chi ha mai chiesto la vostra macchina? E perchè mai, avendo spento il fuoco senza un invito della Deputazione venite proprio oggi a chiedere a noi il saldo di un debito che non possiamo riconoscere? Avete documenti, biglietti o altro firmati dalla Deputazione?
Ma Busto non si arrende << alle frivole ragioni di Gallarate ». Dopo un anno, l'8 marzo 1855, la Deputazione di Busto risponde:
< È incontrastabile che il Corpo della I. R. Gendarmeria è preposto all'ordine pubblico; è del pari in- contrastabile che l'adottare le opportune misure perchè un incendio non abbia a propagarsi è pretta mansione di ordine pubblico.
<< Ciò posto, se nella notte del 5 febbraio 1854 si apprese il fuoco alla casa dei fratelli Buffoni di Gallarate, e se l'I. R. Tenente di Gend.a residente in quel Borgo spedì a Busto un pro-Caporale per chiedervi il soccorso di questa Macchina Idraulica onde spegnere il minaccioso incendio, non sa comprendere la scrivente come la Deputazione di quel Comune si rifiuti al pagamento della spesa per questo servigio occorsa, allegando che la medesima non fece alcuna dimanda nè verbale, nè scritta per l'invio della sudd.a Macchina.Gallarate non pagava!
<< Quanto sia frivola la ragione addotta dalla Amm.ne C.le di Gallarate per esimersi dal soddisfacimento del debito che le incombe, apparirà di leggieri a questo I. R. Comm.o D.le poichè l'invito emesso dal Comando di Gendarmeria come autorità preposta all'ordine pubblico regolare ed operativo nei rapporti dei tutelati Comuni, interviene nel caso concreto a costituire la obbligazione in sua vece.
<< Per siffatte considerazioni, la scrivente Deputazione nell'interesse del proprio Comune, insta presso questo I. R. Commiss.o perchè si compiaccia interporre i propri uffici onde sia dato favorevole fine a questa pendenza ».
Ma Gallarate non paga e non risponde!
 
 
       **************** fine giornata ************************
 
 
29 Dicembre  2023 - Venerdi' - sett. 52/363
redigio.it/rvg100/rvg-52-363.mp3 - Te la racconto io la giornata
Cosa ascoltare oggi
  1. redigio.it/dati2606/QGLO512-Milano-SanGottardo-03.mp3 - Milano San Gottardo e oltre - molte sorprese e un po' di mistero -
Nessuna notizia dal Villaggio
Sport Milanese
La "Scala del calcio" -  via Dessiè / via Achille
Lo stadio, dedicato a San Siro, aveva una capienza di 35.000 spettatori e fu inaugurato con un derby (Internazionale-Milan 6-3) il 19 settembre 1926. Nel 1955 fu costruito il secondo anello e nel 1990, in occasione dei campionati mondiali, il terzo anello che ne aumentava la capienza a 83.000 spettatori seduti. Nel 1979 lo stadio venne intitolato a Giuseppe Meazza, Peppin, campione del mondo nel 1934 e nel '38. Il Milan venne fondato il 18 dicembre 1899, colori sociali il rosso e il nero. Tra i presidenti più vincenti Andrea Rizzoli e Silvio Berlusconi, e tra gli allenatori Rocco, Sacchi e Capello. I campioni più noti? Nordhal, Liedholm, Schiaffino, Altafini, Rivera, Maldini, Baresi, Van Basten, Gullit, Kakà. Il Milan ha conquistato 18 scudetti, 7 coppe dei Campioni, 4 coppe Intercontinentali, 2 coppe delle Coppe. L'Internazionale, o Inter, venne fondata il 9 marzo 1908 da soci dissidenti del Milan perché favorevoli all'ingresso di giocatori stranieri, colori sociali il nero e l'azzurro. Nel 1928, du rante il fascismo, la società fu obbligata a cambiare il nome in Ambrosiana fino al 1945. II momento di maggior successo fu negli anni Sessanta con presidente Angelo Moratti e alle natore Herrera e poi con Massimo Moratti grazie al "triplete" con Mourinho allenatore. I campioni? Meazza, Campatelli, Ghezzi, Skoglund, Angelillo, Corso, Mazzola, Facchetti, Suárez, Ronaldo, Ibrahimovic. L'Inter ha con quistato 18 scudetti, 3 coppe dei Campioni, 2 coppe Intercontinentali, 3 coppe Uefa. Il derby è uno spettacolo da non perdere!
Cosa preparo per oggi
El vitell tonné - L'è facil, l'è subit imparaa. Se ciappa de la fesa de vitell e, in d'on cazzirolin strenc, misuraa, pussee l'è strenc, mei l'è e a bon fornell la se fà coeus per tant come on oretta, pena quattada d'acqua e con dent pever in grana, saal, 'na bella scigoletta, del laur e on gambin bell bianch de zeller.
Passà intant per dò volt al sedazz fin, quatter inciòd e on etto e mezz de ton a l'òli, fasend foeura on purerin. A spart fà con de l'òli de quell bon 'na majonnesa de duu oeuv, duretta, densa, peu tralla insemma a la passada d'inciòd e ton, fasend ona bagnetta ben petittosa e insemma delicada.
Finila cont asee quell bianch e fin, peu del sugh de limon e on quai cugiaa se per caas l'occorres, de quel brodin doe l'è còtt el vitell e peu sfregiaa.
tiraa bell luster, bell doraa, speciaal, no te'l perdevet d'oeuce per on tre or faseden foeura on vero capolavor.
Car pollin de Natal, 'me t'ho present! E ti, mamma, sudada, tutta intenta a fa la toa famiglia in ti contenta!...
Oh temp! Ma incoeu el pollin el m'è pù nient... El me fa gola pròpi pu el pollin...
Mah!... L'è che allora s'era piscinin...
E adess son 't gris e muff e stracch sul seri dal gran sgobbà ch'o faa ai me temp do' s'eri a guadagnam el pan a guida d'on mestee estros e insemm cruzios assee assee.
Sposinn, mamm, ve regali la ricetta, ma no stee a famm - a la minee - se sont in bolletta.
Cosi' di raccontava
El cugnaa con rott i ball - El dì che me sposavi, poer bagaj, hoo dii de sì per minga dì de no. Ma adess, Gesù, domandi come mai invece d'ona miee, mì ghe n'hoo do.
La prima l'è legittima, sposada, e se la romp i ball, tocca tasè. Ma l'altra, voeuri dì la mia cugnada, la gh'entra minga cont i affari mè.
L'è minga in del contratt, sto sacrament che tutt la voeur savè, e la sa mai nient: la va e la ven, la fa imbiancà la cà cont el color che pias al sò papà. Mì el soo che on dì la mazzaroo, ma tì prima ancamò, Gesù, falla morì!
La leggenda di Sant'Ambrogio e la mucca
Da ragazzo, quando uscivo alla sera con gli amici per una pizza o altro, mia madre mi diceva sempre: ricordess che "Sant'Ambroeus per la compagnia l'ha mangiàa ona vacca!". Poiché la frase me la ripeteva ogni volta che cenavo fuori, un giorno le chiesi di spiegarmi il perché; lei mi raccontò la seguente leggenda.
A Marcellina, sorella di Ambrogio, Madre Superiora di un convento di suore, nei pressi di Brugherio, proprio l'ultimo giorno di carnevale era morta la mucca che dava il latte per loro e per gli orfanelli. Lei e le con- sorelle decisero di cucinarla ma siccome il giorno dopo sarebbe iniziata la Quaresima e in Quaresima non si poteva mangiare carne, si rivolse al fratello per sapere cosa avrebbero potuto fare per non disperdere tutto quel ben di Dio. Ambrogio impietosito dalla disperazione della sorella, nella sua qualità di Vescovo di Milano, decise di prolungare di altri quattro giorni il carnevale, permettendo così alle monache di potersi cibare della carne. Ringraziando Ambrogio, Marcellina, che poi diverrà santa anche lei come il fratello, insieme alle consorelle organizzarono un grande pranzo al convento e naturalmente il primo invitato fu Ambrogio, che non seppe rifiutare. Sollecitato dalle suorine mangiò così tanto che alla fine stette male. Per questo episodio i milanesi coniarono il detto, rivolto a chi è solito consuare lauti pasti: "S. Ambroeus per la compagnia l'ha mangiàa ona vacca... el s'è ingossaa inscì tant che a la fin l'è sta mal!".
La metafora non mi riguardava perché quando uscivo con gli amici, dopo il film, andavamo a mangiare una pizza o un panino con una fetta di zampone e un calice di passito di Pantelleria, da Scoffone, in via Vit- tor Hugo. Allora le nostre finanze non ci permettevano altro!
Uno po' di dialetto milanese
Tira-s'giaff = tiraschiaffi, persona odiosa. Na facia da tira-s'giaff = un muso da schiaffi
Tirass = tirarsi. Tirass adoss un mücc da fastidi = tirarsi addosso un mucchio di problemi. Tirass adré = man- tenersi e/o migliorare in salute. Tirass aprèss al fögh = accostarsi al camino. Par fa quel mistée li bögn tirass aprèss in tri o quatar = per fare quel lavoro bisogna radunarsi in tre o quattro. Tirass dent = ritirarsi all'intemo. Tirass fo= togliersi (da una società, da una compagnia, da un affare, da un fastidio). Tirass fo ul giché = togliersi la giacca. Tirass indré-tirarsi indietro (per evitare un pericolo, ritirarsi da un affare). Tirass in 12 = allontanarsi, farsi in la. Tirass in ment=rammentarsi, fare uno sforzo per ricordare. Tirass ra pell in co - affannarsi, ammazzarsi di lavoro, ridursi all'estremo, sacrificarsi. Passan la malatia re dre a tirass s = dopo la malattia si sta riprendendo. Tirass su in setin sul lécc = sollevarsi a sedere sul letto, Tiras (firat) sti da dose!-to- gliti di dosso! Tirass via = farsi da parte,
Tirett, firetin = cassetto, cassetino, Tirlindana = lenza a più ami che viene trainata in acqua dalla barca in movimento,
Tidigh = ammalato di fisi. Vedi an che Begh
Titul = titolo,
To = two, tuos, tua, tue, Ul to pa, la to mama, i to fio, i to tusann = il tuo papa, la tua mamma, i tuoi figli, le
brela nova = comperare un ombrello nuovo. To adré = prendere con se. Tö cunt í bónn = prendere qualcuno con le buone maniere. To dent = prendere in cambio, ritirare in permuta. Tö gió 'n'aspirina = prendere un'aspirina. Tö miée (mari) = prender moglie (marito). To sú 'l düü da copp = lett. prende re il due di coppe, ovvero andarsene, svignarsela. To sú í danée dul cassett = prelevare i soldi dal cassetto. Fass to st = farsi prendere per il naso, farsi gabbare. To il fiaa = insistere in modo importuno, assillare, seccare. Toss via i penséer = togliersi il pensiero. Mia fass to via = non farsi sorpren dere, non lasciar trasparire le proprie intenzioni. Togan a chi piang e dazan a chi riid = lett. toglierne a chi piange e dare a chi ride, ovvero spesso chi si piange stå molto meglio di ride. L'e da to e mette da togliere e mettere, è una cosa mobile. Save mia indue'na a tola = lett. non sapere dove andarla a prendere, ovvero non sapere a chi (o a che cosa) rivolzersi. Tossala cunt un quaivin = pren dersela con qualcuno.
       **************** fine giornata ************************
 
30 Dicembre 2023 - sabato - sett. 52/364
redigio.it/rvg100/rvg-52-364.mp3 - Te la racconto io la giornata
Cosa ascoltare oggi
  1. redigio.it/dati2606/QGLO518-Milano-1922-01.mp3 - Storia di Milano dal 1922 al 1940 -
Notizia dal Villaggio
Il bar e' aperto il 08 09 10 dicembre
Il bar e'aperto il 30/31 dicembre
il bar e' aperto il 06 07 gennaio
Il bar e' aperto il 27 28 gennaio
il bar e' aperto il 10 11 febbraio 
Il bar e' aperto il 24 25 febbraio
Storielle
RICONCILIAZIONI - Non correre dietro a un uomo né dietro a un tram, perché via quello ce n'è un  altro.(Proverbio inglese)
Ci inchiniamo al progresso: però c'è da ammettere che le macchine ci raggelan, ci agghiacciano, fan da barriera, impediscon, uccidono i contatti umani. Così la macchina obliteratrice. Ora sugii autobus e sui tranvai non c'è più il bigliettaio, ragion per la quale più non vedremo la sua innamorata che, qualche giorno dopo una lite, capitava sulla piattaforma posteriore, per cercare di riconciliarsi con lui.
Il bigliettaio faceva il sostenuto. Le diceva, guardandola severamente negli occhi: "Signori, biglietti!", neanche lei fosse un passeggero qualunque. Acquistato regolarmente il biglietto, lei come al solito se l'infilava nell'anellino.
Secondo Ramon Gomez de la Serna: Coloro che si infilano il biglietto nell'anello sembra che si siano sposati col tram.
(La riconciliazione manco male avveniva al capolinea).
Proverbi Milanesi
L'è inutel serà su el stabiell dopo che l'è scappàa el porscell.
È inutile chiudere il porcile dopo che è scappato il porco.
Antico proverbio milanese che si diversifica in molteplici forme anche in italiano; molto noto quello parallelo come significato: «E inutile piangere sul latte versato». Si può definire un richiamo al buon senso sulle inutilità delle reazioni umane dopo un avvenimento irreparabile.
Villaggio turistico 1/5 -  Animatori di sesso femminile
Il femminone - Il femminone è un esemplare di femmina di Homo Sapiens facente parte della categoria Svalbard meglio nota come Grazie di esistere. Occhi verdi, capelli biondi o anche rossi, pelle morbida e liscia di un colore tendente all'ambra dorata, tutte le curve al posto giusto, ABS, sensori di prossimità per parcheggi difficili e controllo ESP integrato. Una figa paurosa insomma. Oltre alla bellezza smisurata, cerca di apparire in qualche modo utile al gruppo di animatori provando a recitare, ma quando sale sul palco la sua voce ricorda i peti di un ippopotamo. Con lei ci proveranno ovviamente tutti indistintamente, dai mariti ai figli dei mariti agli animatori stessi. Lei la darà solo ed esclusivamente alle seguenti tre categorie di uomini:
Giovani ricchi ed aitanti;
Vecchi ricchi ed in procinto di schiattare;
Il Direttore del villaggio in cambio di alloggi confortevoli e dotati di aria condizionata.
La ballerina - Ballerina stressata dal troppo lavoro. - La ballerina è di solito una ragazza minuta e aggraziata, dal portamento dolce e soave come un plenilunio. Capelli lisci e biondi raccolti dietro la nuca, occhi castano chiaro o azzurri, visino pulito e passo agile, nel gruppo non fa altro che organizzare coreografie e balletti per le sigle insulse propinategli dal proprietario del villaggio. Invidiosa del femminone, a cui inevitabilmente vanno le attenzioni di tutti i maschi e dei loro peni, si ritiene l'unica capace di muoversi decentemente sul palco; cerca di dissimulare la sua esuberanza sessuale ma fallisce inesorabilmente, perché finirà per trombarsi almeno uno dei tanti animatori maschi; in tal caso predilige il giocherellone. Spesso durante la durata del contratto lavorativo fa amicizia con la mandrilla; tale rapporto si basa ovviamente sulla necessità comune delle due donne di osteggiare il femminone, in pieno accordo con l'istinto di competizione femminile. Con la mandrilla al suo fianco riesce a sbloccarsi e a sciogliersi un po', cosa che spesso accade nelle eventuali serate-disco organizzate dalla direzione; a volte la Ballerina sa anche recitare discretamente, organizza eventuali mini-club per i bimbi e fa l'acquagym per i trichechi pelosi che tentano di dimagrire inutilmente ospitati dal villaggio. Al termine del contratto la sua massa corporea sarà calata drasticamente ed entrerà in cura da uno psichiatra.
La mandrilla - Mandrilla su sfondo verde. - La mandrilla è l'equivalente femminile del piacione. Si presenta come una ragazza piuttosto disinibita, con capelli mossi di un colore che varia dal rosso scuro al biondo, fisico piuttosto asciutto e nella media minuto, agile e sodo, un culo da sogno ed un volto[5] ammiccante che finisce per causare infarti negli uomini di una certa età, scompensi ormonali in quelli troppo piccoli ed imbarazzanti erezioni colossali per gli adolescenti. Di solito è simpatica e di mente aperta, sempre gentile con tutti. Come il piacione sarà sempre di corsa qua e là, giocando a calcio o a pallavolo sulla spiaggia, ballando e recitando e nuotando. Possiede discrete abilità recitative e sa muoversi bene sul palco; di solito nei ridicoli spettacoli che la direzione artistica organizza interpreta sempre la cafona o la vasciaiola. Ha rapporti occasionali con tutti quelli che le piacciono, il cui numero di solito staziona intorno alla ventina di uomini presenti nel villaggio, e non disdegna avventure lesbo con la ballerina, stile Natalie Portman in Black Swan.
Quanta sapienza i noster vècc
Un tempo a Milano, di chi scappava impaurito di fronte ad un pericolo, si diceva: "El va come on arian!". Il detto pare abbia origine dalla lotta sostenuta dal vescovo Ambrogio contro i seguaci di Ario, messi in fuga dal suo staffile. Una leggenda narra che la consuetudine di ritrarre Ambrogio con lo staffile è legata alla battaglia dei milanesi, capitanati dal Signore di Milano, Luchino Visconti, contro il cugino Lodrisio il 21 febbraio 1339 e vinta dagli ambrosiani.
La lotta che si combatté sulla neve fu sanguinosa; Luchino era stato catturato e le sue truppe disperse, quando nel cielo apparve la figura di S. Ambrogio a cavallo, armato di uno scudiscio nella destra, col quale colpiva i mercenari di Lodrisio sul viso, volgendoli in fuga! Come dire: "Scherza coi fant, ma lassa sta i sant!".
È tempo di ammazzare il maiale e anche questa è un'occasione in più per ritrovarsi; ai bimbi si poneva questo indovinello:
"Qual'è quell'animal che l'è bon de mort e minga de viv?" (il maiale).
Un proverbio comasco riscatta il simpatico animale accomunandolo al padrone: "Omen e purscej, anca se i è brott, i è bon e bej!" (Uomini e porcelli, anche se son brutti, sono buoni e belli).
Nella città di Teodolinda la luganega de Munscia viene ancora preparata su ordinazione del cliente in diversa quantità e misura.
In questo peana al maiale non poteva mancare la cassoeula, cucinata da mani esperte con "costin, pescitt, salamin de verza e ona quaj codega"... e se qualcuno avesse da obiettare circa l'utilizzo della cotica, ecco pronto un proverbio: "La cassoeula senza codegh e l'insalada senza aj, hinn istess d'ona sposa senza bagaj!"
A Torre de' Picenardi (CR) il salumificio Santini conserva le traizioni: culatello, culaccia, salame con e senza aglio, cotiche con fagiolini, cassoeula, costine, piedini e tutto il quinto quarto del maiale. Una delizia per gli occhi ed un invito "a mett i gamb sotta el tavol".
Ma adesso passiamo ad un altro argomento per rispetto verso coloro che sono a dieta e certe leccornie non possono permettersele... Dicembre è il mese della pioggia, del freddo, della neve ma anche della luce perché con S. Lucia (13 dicembre) le giornate cominciano ad allungarsi: "A Santa Lusia el pass d'ona stria!".
Aldo Milanesi scrive che per Santa Lucia i bambini andavano nella stalla a prendere un po' di fieno da mettere sul davanzale della finestra, per dar da mangiare all'asinello che arrivava carico di doni. In casa, invece, si apparecchiava la tavola con la tovaglia più bella e la cocuma del caffè era pronta da offrire alla santa perché almeno, col freddo che faceva, poteva scaldarsi un po' lo stomaco; al mattino seguente, guai se i bambini non trovavano la tazzina sporca di caffè!
Molto amata dai bambini Lucia, protettrice di Siracusa, in molte località lombarde sostituisce Babbo Natale nel portare regali ai più piccini: "Santa Lussia, mamma mia, cun la borsa del papà, Santa Lussia la vegnarà!".
A Cremona, in piazza Cavour, la sera del 12 dicembre, i venditori ambulanti fanno buoni affari vendendo gli ultimi giocattoli ai papà che non hanno avuto il tempo di acquistarli prima.
Offrono anche i famosi giardinèt, un misto di: nisoole, galéte, ciucarooi, zacaréle (nocciole, arachidi, castagne secche e mandorle) unite a noci, prugne e fichi secchi.
Sempre nel cremonese una leggenda racconta che la santa tirerebbe una manciata di sabbia del Po negli occhi di tutti i bambini che trova ancora svegli quando passa con l'asinello a distribuire doni; per paura di incontrarla, i più grandicelli prima di mezzanotte, girano a gruppi per le vie cittadine dando fiato ai loro zufoli per avvertire i più piccini che è tempo di dormire.
Quando entra qualche corpuscolo in un occhio è consigliabile rivolgere alla santa questa supplica: "Santa Luzia fim 'na fora 'sta purcheria!" poiché Lucia oltre che essere la protettrice degli agricoltori è anche invocata nelle malattie degli occhi, come ci fa sapere il detto milanese: "Che Santa Lusia te conserva la vista!" (per la verità riferito a chi mangia con ingordigia, in modo che possa vedere cosa sta divorando).
A Milano Santa Lucia è la patrona dei marmorin (lapicidi) che un tempo avevano la loro sede nella Cascina Camposanto posta dietro il Duomo dove, secondo una leggenda, nacque il famoso risotto alla milanese, gloria e vanto di ogni meneghino.
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     31 Dicembre 2023 - Domenica - sett. 52/365  
redigio.it/rvg100/rvg-52-365.mp3 - Te la racconto io la giornata
Cosa ascoltare oggi
  1. redigio.it/dati2606/QGLO514-Milano-SanGottardo-05.mp3 - Milano San Gottardo e oltre - un moderno intervento di recupero - l'ultima casera e la giardinetta archeologica -
Notizia dal Villaggio
Il bar e' aperto il 08 09 10 dicembre
Il bar e' aperto il 26 dicembre per il pranzo di Santo Stefano
Il bar e'aperto il 30/31 dicembre
il bar e' aperto il 06 07 gennaio
Il bar e' aperto il 27 28 gennaio
il bar e' aperto il 10 11 febbraio
Il bar e' aperto il 24 25 febbraio
Tradizioni culinarie di Crema
I "TURTEI" CREMASCHI - Crema è uno scrigno colmo di tesori gastronomici: talmente colmo da poter vantare almeno una specialità per ciascua delle rituali portate, dal primo piatto al dolce. È obbligo iniziare rendendo omaggio ai superbi tortelli cremaschi, delizia fra le delizie in una terra che al tortello, fra Cremonese e Mantovano, dedica un vero e proprio culto. Delizia fra le delizie, inoltre, perché i "turtei" cremaschi rappresentano l'apoteosi di quell'encomiabile indulgere lombardo (e padano in genere) all'agrodolce che, al pari dei beni artistici e paesaggistici, dovrebbe essere tutelato come patrimonio dell'umanità. - Tradizionalmente i "turtei" hanno forma a mezzaluna, con le caratteristiche e di rei indispensabili imperfezioni derivate dall'essere fatti a mano e chiusi con una pressione dei polpastrelli che li orna delle tipiche "cappette": l'aspetto un po' irregolare non è quindi una conferma dell'adagio popolare per cui un "mestèr cremasch" sarebbe un lavoro fatto alla bell'e meglio, ma la garanzia della loro genuinità. Basta assaporarli, del resto, per rendersi conto che si tratta di una raffinatissima apoteosi della pasta fresca ripiena, di origine presumibilmente colta, come potrebbe facilmente dimostrare un'attenta collazione con ricettari rinascimentali. - Il sofisticato ripieno, che evoca sapori di altri tempi, richiede due tipi di biscotti: gli amaretti (meglio se "scuri") e un poco di mostaccino, tipico biscotto secco cremasco con cannella, chiodo di garofano, noce moscata, macis e pepe. I biscotti, finemente sbriciolati, sono impastati con pera sciroppata, menta (sotto forma di caramella pestata), pangrattato e grana grattugiato nonché cedro candito tritato e uva passa, amalgamando il tutto con brodo di carne prima di racchiuderlo in dischetti di sfoglia all'uovo leggermente salata. Per il ripieno eccellente, così complesso, solo se in perfetto equilibrio - si conoscono alcune varianti, che prevedono ad esempio l'uso di poco cioccolato fondente e liquore all'anice, aggiunte che francamente ci paiono un po' ridondanti.
AA VENUTA DI REMAGI
Pare che i Remagi non si fossero mai conosciuti prima di incontrarsi sulla strada che li conduceva alla Santa Meta. È certissimo, però, che quando si incontrarono a Busto erano già tutti e tre uniti. Raggiunsero la nostra città casualmente, dopo aver girato mezzo mondo, a causa di un incidente di viaggio: ad un certo punto incontrarono un fitto strato di nebbia che tolse loro ogni possibilità di orientamento. Fatto consiglio, decisero di fermarsi a pernottare nel più prossimo abitato, che era Busto. Così giuntivi, vi fecero sosta. Per non arrecare danno alla popolazione con i loro cammelli, scelsero un "pra" e legarono le bestie ad una robinia. Siccome faceva molto freddo, bussarono alle porte delle vicine cascine per aver un po' di legna con cui accendere il fuoco e un po' di strame per i cammelli. Al momento i contadini, svegliati in piena notte, ebbero paura e credettero che si trattasse di ladri, ma, visti i mantelli dorati e le corone di brillanti che coprivano i tre personaggi, si affrettarono a mettersi a loro disposizione. Quell'inverno era molto rigido e la scorta di legna era completamente esaurita. Per ospitalità, allora, i contadini levarono le imposte dalle finestre e ne ricavarono tanti pezzi per un falò. I Remagi rimasero colpiti da tanta squisitezza di sentimenti, per cui trassero dalle loro tasche delle coroncine luccicanti e ne fecero dono alle famiglie contadine.
Intanto la nebbia era sparita e si era fatto sereno. I Remagi avvertirono i bambini, accorsi nel frattem po, che il gioco di stare in gobba ai cammelli stava per finire, poiché loro dovevano ripartire. L'ultimo bambino, un certo "Cumèta", che stava per scendere dal cammello, emise a questo punto un grido di meraviglia e poi si diede a urlare con quanto più fiato aveva in corpo: "Aa stèla, aa stèla cunt aa cua!". Tutti rivolsero gli occhi al cielo e videro la stella del Cumèta. I Remagi assicurarono i contadini che la stella con la coda portava una buona novella e che presto avrebbero avuto notizie di un avvenimento che sarebbe stato ricordato per tutta l'eternità.
Dopo di che si allontanarono sui cammelli e partirono, preceduti dalla stella sulla via di Betlemme. Si seppe poi che era nato il Messia.
Memori della gradita accoglienza della popolazione bustese, i Remagi (se non tutti, almeno uno) la notte di ogni vigilia dell'Epifania tornarono sempre a Busto e non mancarono mai di lasciare doni per i bambini, anche per quel bravo Cumèta che, per primo, vide la stella con la coda: "aa stèla cumèta". Il ponte dei Remagi costruito in Savigu (via Monte bello), la Cuccagna di piazza Cristoforo Colombo e i Remagi che giravano nella cassetta di cartone erano segni delle leggende bustesi.
Gennaio è ricco di feste e tradizioni: non possiamo certo dimenticare "i trì dì di merli" o il "Sant'Antonio", ricorrenza che fa da coda alle festività natalizie e che si festeggia col codino del maiale, amico del Santo, cucinato in cazeula (botaggio di verze). Vogliamo però dedicare la nostra attenzione ad un'altra figura tipica di questo mese.
Un po' di dialetto
Tocch = pezzo. Na in tocch = andare in pezzi, fig, andare in rovina. Un tant al tocch = a occhio e croce, approssi mativamente, grossolanamente: fa í robb un tant al focch = far le cose malamente, senza attenzione. L'e 'n tocch d'una vargogna = lett, é un pezo di una vergogna, ovvero è una cosa vergorosa. Tocch da coll = tipo senza scrupoli, canaglia. Un tocch da pan= un pezzo di pane. Vess un tocch da pan = essere molto buono. Un toech d'omm = un pezzo d'uomo. T6cch = 16cco, guasto. Un pomm tócch = una mela guasta. Tócch in di pulmin = lett. tocco nei polmoni, tubercolotico. L'è tócch in dul cò = è un cervello bacato.
Tógn = Antonio.
Filastrocca recitata dai bambini per il gioco della "sberla" o simili: Tógn, Tógn pera pómm
pera pomm, pera fiigh capitàni di furmuigh capitani di suldaa
indivina, chi l'è staa? Antonio, Antonio pela mele pela mele, pela fichi capitano delle formiche capitano dei soldati indovina, chi è stato?
Toj = prendi, tieni, prendete, tenete; assume anche un significato esclamativo che esprime stupore analoga- mente all'italiano "toh!": Oh töj! sa ourii fagh cusè? = toh! che cosa volete farci? E omologo al francese "tiens". Tòla latta, lamierino, banda stagnata. Un pedrio da tòla = un imbuto di latta. Indica inoltre la "latta", recipiente ricavato da banda stagnata o meno: la tòla dul petroli = la latta del petrolio. Fig. tòla = audacia, sfacciataggine. Ga vör 'na bèla tòla a dì cèrti robb = occorre una bella sfacciataggine per dire certe cose. Facia da tòla faccia di bronzo, sfacciato, svergognato. Quando qualcuno inghiotte facilmente cibi o bevande bollenti si dice al gh'ha 'l canarözz fudràa da tòla ha gola ed esofago foderati di lamiera.
       **************** fine giornata ************************
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