RVG settimana 46
Radio-Video-Giornale del Villaggio
Settimana-46 del 2023
RVG-46 - da - Radio-Fornace
Settimana 46 2023-11-13 - Novembre - Calendario della settimana
lunedi 13/11 settimana 46 317 giorno
marrtedi 14/11 settimana 46 318 giorno
mercoledi 15/11 settimana 46 319 giorno
giovedi 16/11 settimana 46 320 giorno
venerdi 17/11 settimana 46 321 giorno
sabato 18/11 settimana 46 322 giorno
domenica 19/11 settimana 46 323 giorno
13 Novembre 2023 - lunedi - sett. 46-317 |
Notizie dal Villaggio
villaggio - spese 2023 - 01/01 400+luce rata1- 01/03 450 rata2 - 01/05 450 rata 3 - 01/07 - 450 rata4 - 01/09 450 rata5 - 01/10 253 ripianamento per anno 2022 - 01/11 200E (ancora solo per 2024 2 2025) 01/12 300 per concludere a 3053 euro pagati nel 2023
E' previsto per l'anno 2024 la quota annua di circa : vedi verbale assemblea. ( secondo i miei conti e previsioni: 2900)
Richiesta di volontari
Si tratta di aiutare per l'installazione dell'arredo natalizio.
Notizie di RVG (Radio-Video-Giornale)
RVG significa Radio Video Giornale - Un servizio ideato e creato da Radio_Fornace per il Villaggio. -
- RADIO - perche' gia' Radio-Fornace come servizio esiste da tre anni in formato *.mp3 (in rete privata)-
- VIDEO - perche' sono in allestimento video da mediamente 4 minuti da vedersi solamente in schermi televisivi approntati solo nel villaggio (aggiornati occasionalmente) - formato *.MP4
- GIORNALE - Tutte le infornazioni possono essere lette in *PDF
RVG e' un settimanale (a costo = 0) ideato per dare informazioni calendarizzate nei tre formati per il servizio LUDICO 2024 e quanto concerne la vita del villaggio. Articoli di una decina di righe con contenuti ad uso pubblico, sono ben accetti in una rubrica adatta.
Viaggio nel tempo
Un buco nel Boeucc - (4-5 novembre 1876) leri, il cuoco dell'osteria del Boeucc, nella nuova via Dogana, passò un brutto quarto d'ora. Era intento a battere delle costolette nella sua cucina negli ammezzadi, quand'ecco sente sprofondarsi sotto i suoi piedi il terreno. S'apre un buco con gran fracasso e la sua gamba sbuca dal soffitto della sottoposta tipografia Simonetti. Alle sue grida si corre, lo si estrae dal foro, si chiama un assistente tecnico municipale per ovviare al pericolo che tutto il pavimento crollasse, ma ecco, quegli mette appena il piede sul pavimento che un altro buco si apre stridendo e l'assistente municipale vi sprofonda esso pure con una gamba! La casa fu fatta costruire dal Municipio ed è quella che l'anno scorso salutò nel modo identico un inquilino dell'ultimo piano!
Dove andare -
Carnevale sabato grasso - LAVENO-MOMBELLO (Varese)
Gruppi mascherati e gran sfilata di carri allegorici.
Fiera campionaria e della ceramica ultima settimana di luglio
Rassegna della produzione locale, specie di opere in ceramica che è molto nota e apprezzata.
Concorso delle barche illuminate 15 agosto
Le luminarie sul lago Maggiore sono una tradizione caratteristica di questo paese e costituiscono un suggestivo spettacolo con la sfilata delle tipiche barche dei pescatori, tutte illuminate e addobbate secondo un soggetto o una allegoria particolari. In chiusura, grande spettacolo piroecnico sull'acqua.
Toponimi di Mercallo
1) Bellingera: cascina situata tra la sponda ovest del Lago di Comabbio e il Monte della Croce, su un poggio che domina il comune. Il nome può essere ricondotto ad un cognome Bellingeri che a sua volta può riflettere un antico Belingario (cfr. Bellingera, casale presso Turro-MI-)108
2) Bettolino: Beturin in dialetto, è una grande cascina sita ad est della provinciale 629 nella parte bassa del paese verso il lago. Il toponimo è ricorrente in tutta Italia. In tutte le sue varianti possibili (Bettola, Bettolina, Bettolino) sempre con il significato di "luogo che ospita vetturali o viandanti in genere" 109.
Cosa ascoltare oggi
- RF303 - - redigio.it/dati2512/QGLN1180-Lago-Biandronno-06.mp3 - Lago di Biandronno - 9,44 - - Radio Fornace del 04 Luglio 2023 -
Storielle
AMORE PLATONICO - Vedere e non toccare è una cosa da imparare. (Proverbio italiano)
Compatitemi pure, scuotete la testa, ridete se la cosa vi fa ridere, ma io avrei voluto innamorarmi platonicamente: anche a rischio di far pensar male, di sentirmi citar continuamente a beffa il verso di Aleardo Aleardi: Si guardan sempre e non si toccan mai (son le due isolette vicine, simbolo dell'amore platonico romantico).
E come quel personaggio d'un "racconto idiota" di Alphonse Allais, che diceva:
"Io sono un tipo sul genere di Balzac. Bevo una quantità enorme di caffè.
lo sono un tipo sul genere di Napoleone. Mia moglie si chiama Giuseppina.
lo sono un tipo sul genere di Molière. Sono becco", avrei proprio voluto dal canto mio poter dire:
"Io sono un tipo sul genere di Dante: amo una donna d'un amore come quello di Dante per Beatrice": anche a rischio d'esser mandato da quella donna all'Inferno, anche a rischio di non esser creduto dagli amici: e quel ch'è molto peggio, da me stesso. "Sai? Amo una donna d'un amore platonico". "Non ci credo".
"Nemmeno io".
14 Novembre 2023 - Martedi' - sett. 46-318 |
Lettura della settimana - martedi
Busto Grande cento anni fa
Prefazione
(questo libro e' stato scritto nel 1956 e di dati e fatti narrati sono presumibilmente del 1856 e dintorni)
Le pagine che seguono non sono una Storia con la maiuscola: sono gli appunti frettolosi di un cronista che ha vissuto alcuni avvenimenti, sulle carte piene della polvere di cent'anni fa e ancora odorose di sigaro to- scano, quei sigari che i nostri nonni fumavano fino a bruciarsi i baffi.
Sono appunti, raccolti alla meglio, per curiosità e per diletto, senza nessun legame fra di loro e, molti, senza fine perchè le carte si sono disperse qua e là negli anni. Vogliono solo servire, se riescono, a far rivivere qualche isolata vicenda, un sorriso, un ricordo. Perchè molte volte, nella ricerca curiosa, ci si trova davanti a figure di uomini che ci sembra di avere già conosciuti, coi quali abbiamo già simpatizzato e parlato, e ai quali noi vorremmo oggi rispondere come se ricordassimo, come se avessimo vissuto con loro, come se questa separazione degli anni non fosse mai esistita. Qualche volta mi è successo perfino di sentire la loro voce, poveri nostri bisnonni di tanti anni fa, quando guardavo quei bei svolazzoni delle loro firme ancora fresche di sabbiolina minuta.
Queste pagine sono dunque il tentativo, un po' alla buona, di far conoscere gli uomini bustocchi nel loro ambiente, e con le loro stesse parole, che ho sempre cercato di trascrivere fedelmente. In verità sarebbe stata mia intenzione quella di presentare solo le loro pagine, senza commento, ma non ho saputo resistere alla tentazione di metterci anche qualche spiegazione, o meglio, qualche fronzolo mio. Posso assicurare però, che tutto è stato tolto di peso dalle loro carte e che la fantasia è servita solo a rivestire di parole avvenimenti realmente accaduti e dei quali è rimasta comunque una traccia.
Nel prossimo martedi', il primo capitolo
Editoriale di RadioFornace
E' certo che dovremmo risparmiare denaro comune nel villaggio. Dovremmo intervenire in qualche modo e da qualche parte, c'è chi propone di chiudere il ludico quindi non si fa più niente. Benissimo ma nessuno impedisce che si possa anche chiudere anche, e nel frattempo anche la piscina che non è poco.
Una cosa però è possibile ed è doverosa e sta anche nei miei progetti.
cominciamo dalle piccole cose. esempio sarebbe: il ludico per la sua attività ha bisogno di ore e ore della dell'aiuto delle segretarie sia per fare i volantini, per fare le brochure, per stamparle e portano via un bel po di ore. Se ludico si organizza bene nella sua pubblicità o informazione potrebbe evitare tutte queste ore di lavoro alle segreterie le quali possono dedicarsi a fare dell'altro a fare il loro lavoro. Che ognuno faccia il suo e completamente., non che abbia sempre bisogno di altri, perché il lavoro degli altri sembra che sia gratis e non valga nulla. Risparmiamo il lavoro anche degli altri
Note del giorno
L'infermeria. La sua funzionalita' - Ne parlerempo in seguito
Radio-Fornace
- Radio fornace richiede ai villeggianti e non, se possibile avere disponibilita' di televisori vecchi da portare in discarica.
- Servono per il Ludico 2024. Indispensabile la porta USB e telecomando
Viaggio nel tempo
Garibaldi fu cremato - (2-3 agosto 1886) La Nuova Lega Anticlericale milanese, nell'assemblea tenuta ieri, votava alla unanimità il seguente ordine del giorno: «La Nuova Lega Anticlericale milanese, mentre invita tutte le Associazioni politiche e militari e specialmente i reduci garibaldini e le Società anticlericali a promuovere una seria agitazione perché siano scrupolosamente eseguite le ultime volontà di Giuseppe Garibaldi, invita la Società di cremazione, quale ente morale riconosciuto, ad intimare legalmente alla famiglia Garibaldi, il rispetto della volontà espressa dal Generale in riguardo alla cremazione del di lui cadavere».
Le nostre parole
Matòcch = stupido, scimunito o anche pazzerellone, bello spirito, leggerone, che ama divertirsi e divertire. Significa inoltre, in accezione affettuosa, scioccone, stupidone. Il peggiorativo matucàsc può avere sia lo stesso significato affettuoso, sia quello di povero di spirito: l'è 'n póar matucàsc = è un povero di spirito, inoffensivo.
Dove andare -
Fiera del Cardinale la prima domenica di ogni mese - CASTIGLIONE OLONA (Varese)
Così denominata a ricordo del cardinale Branda Castiglioni che, nel 1400, volle edificare sulla rocca una cittadella, arricchendola di monumenti e di pregevoli opere d'arte. La famiglia del cardinale conservò il possesso del paese fino al XVIII secolo. La fiera è divenuta una delle più importanti d'Italia per l'artigianato e l'usato, e una delle più serie e qualificate in quanto l'autenticità degli oggetti esposti è sempre rigorosamente controllata.
Per l'intera giornata il borgo medioevale, a partire dalla piazza fin sull'erta ciottolata che porta alla Collegiata e al Battistero, è invaso da una folla enorme tra variopinte bancarelle, spettatori, mercanti, curiosi, esperti. Il giro di affari è altrettanto notevole. Si trovano gli oggetti più disparati, dai grandi mobili di pregio ai libri antichi, da ceramiche di valore a piccoli oggetti di artigianato minore. Vi sono anche antiche botteghe, come per esempio per il restauro, ed è ritornata la usanza di impastare il cosiddetto << pane del Cardinale », dolce caratteristico del luogo. A volte, compaiono quei pochissimi superstiti di un'antica tradizione che sono i cantastorie: a suon di fisarmoniche, sassofono e batteria cantano canzoni, di solito storie patetiche e drammatiche, e vendono oggettini di carattere religioso come le medagliette dell'immagina della Madonna o scatolette con l'effige del Papa-
Cosa ascoltare oggi
- RF302 - redigio.it/dati2512/QGLN1179-Lago-Biandronno-05.mp3 - Lago di Biandronno - 8,40 - - Radio Fornace del 03 luglio 2023
15 Novembre 2023 - Mercoledi' - sett. 46-319 |
Nessuna notizia dal Villaggio
La nuova rata di dicembre 2023 da pagarsi in dicembre
Note del giorno
Note sul "campone" . Qualche giorno fa ho fatto un giro per il parcheggio guardando il campone del quale ne ho fatte delle fotografie e finiranno su video. Il tutto abbastanza a posto e in ordine, pulito sicuramente perché non ci hanno pensato quelli che ne fanno uso, ma sicuramente andato al costo del villaggio,e questo va detto.
Per chi vorrebbe risparmiare, potrebbe essere una voce interessante.
La pulizia del campone è fatto una volta 2 o tre o piu'. Molte di piu' quando ci sono i fruitori.
Chi ha buoni pensieri di risparmiare e che se inventi pure qualcosa.
Sotto il tendone tutte le sedie erano ben ammonticchiate. per poter passare l'inverno, ma anche il campo, a parte l'erba alta, che, vabbè, si potrebbe dargli un colpetto e poi c'è la parte ripida quella parte che dal parcheggio al campo va su fino allo stradone. - Sarebbe interessante fare un bel po di pulizia quindi sfogliare via anche parecchio tenere pulite le piante e siepi. - tanto è difficile che qualcuno possa fermarsi sulla strada e di lì sul passare e scendere. - però almeno per quattro o 5 m anche sei in certi posti e se si riesce a pulire appunto tutta questa parte di siepi o anche le piante che potrebbero soffrire di questa invasione di piccole piante invadenti
E liberare anche quel passaggio pedonale che una volta, tantissimi anni, fa non ricordo si chiamava il sentiero dell'amore o delle passeggiate romantiche e si poteva anche passare ma solo in quei 50 cm che ancora ci sono ed è possibile probabilmente usufruire.
Arrivare al taglio di quelle siepi e invadenti fa bene all'occhio, poi sembrerebbe che il posto sia anche più largo e non sarebbe male nel campone. - teniamo presente che ci sarebbe da spendere anche un bel po di soldi ancora, e non pochi, ci sarà una certa valutazione, e dobbiamo rendere conto e la rete, tutte le reti che vanno verso con l'officina di riparazioni che c'è in fondo, e su quella sulla strada i pali sono marciotti e alcuni sono anche già un po' handicappati, che stanno lì e non cadono sulla strada perché c'è la rete che li tiene assieme rete che naturalmente ha il suo tempo e poi dovrebbe essere rifatta.
Ci aggiorniamo prossimamente
(Queste note sono registrate in diretta - L'italiano scritto e' andato in vacanza)
Editoriale
Il progetto RVG e' comunque partito indipendentemente dalle informazioni del LUDICO, dall'offerta presentata al Consiglio, dalle fazioni, e alla distibuzione, ecc.
RVG - notizie
RVG, Ho aggiunto a questa rubrica anche dei libri il martedì e il venerdì, due libri separati di un capitolo ciascuno. Martedì un capitolo di un libro, il venerdì un capitolo di un'altro. come finirà poi il discorso?
Nn fondo all'anno o in fondo all'ultimo capitolo ci sarà non solo l'audiolibro ma anche tutto il testo che potete tenerne a cuore e ascoltarlo e anche leggerlo se volete in tutte le forme possibili che a richiesta riesco a fare,
Tutto meno che carta stampata,che è l'unica cosa che ha un costo e non mi riguarda
Dove ci sono costi io non ci sono assolutamente, poi quando si parla di risparmiare, succede anche anche questo.
Questi libri parlano di storie precedenti e trattano di storia, quindi qualcuno potrebbe anche identificarsi con il bisnonno e forse con l'inizio della propria generazione
Sono libri che non si trovano in commercio, questo ho detto.
Proverbio del giorno
Gh'è chi degiuna, chi s'empieniss el goss; chi mangia carna e chi resigna hi oss. - C'è chi digiuna, chi si riempie il gozzo; chi ma ngia carne e chi rosicchia le ossa. Simile ad altri, questo motto denuncia apertamente opposti aspetti della società: la disuguglianza, l'abbondanza e l'indigenza. È ancora in uso; in forme diverse lo si trova anche in altri dialetti e in italiano. -
Folclore
Il gobbo - Accidenti, però: che full immersion nel remoto! È fantastico psi- canalizzarsi al computer. Ancor meglio della macchina per scrivere, poiché puoi correggere immediatamente e, come lo fai, pensi al seguito... e ti fai venire in mente ondate di ricordi...
Gobbo so pare
Gobba so mare
Gobba la figlia de la sorella
G'era gobba anca quella
G'era gobba anca quella
Gobba la nonna
Gobbo so nonno
Gobba la moniga nel convento
Gobbo quel diavolo mai contento
Del paron detto "gran cojon".
Mestieri di una volta
el molétta - El molettin
Mè pader fa el molétta e mi foo el molettin,
quand sarà mort mè pader faroo el molètta mí,
e zon e zone zi.
Mè pader el ciappa i zvanzigh e mí ciappi i quattrin:
quand sarà mort mè pader faroo el molètta mí,
e zon e zon e zi.
El molettin - Il figlio dell'arrotino vuole onorare il mestiere del padre giurando che da grande ne proseguirà l'attività. L'ingenuità del "molettin" muove al riso, ma il ritornello "e zon e zon e zi" dà alla canzone una tal gaiezza, da far dimenticare ogni altra dimensione.
Quasi del tutto priva di carattere onomatopeico, a differenza di "Don, gh'è chi el moletta", la melodia si raggruppa in un tema di otto misure il cui giro armonico non va oltre la dominante, ed è più che altro una sillabazione del testo. Mè pader fa el molétta e mi foo el molettin, quand sarà mort mè pader faroo el molètta mí,
Cosa ascoltare oggi
- RF301 - Radio Fornace del 02 luglio 2023 - - redigio.it/dati2512/QGLN1178-Lago-Biandronno-04.mp3 - Lago di Biandronno - 720 - -
16 Novembre 2023 - Giovedi' - sett. 46-320 |
Nessuna notizia dal Villaggio
Dove andare
Presepio sommerso - Natale - LAVENO-MOMBELLO (Varese)
Anche questa è una tradizione antica e suggestiva: nel golfo vengono immerse le statue raffiguranti i vari personaggi natalizi, fatte in sasso di Vicenza, e ogni anno aumentate di numero, così da formare un singolare presepio sommerso di sempre maggiore dimensione. La deposizione di Gesù Bambino avviene la notte di Natale, nel lago illuminato.
Volontari cercasi:
- . Si tratta della richiesta dei volontari volontari che possono aiutare, un giorno di questi novembre, a montare gli allestimenti natalizi. Si tratta dell'albero, luci, colori, lampade, insomma tutto quello che si può fare. Naturalmente saremo coadiuvati per i lavori più pericolosi da chi è ha adetto ma a tutto il resto dobbiamo farcelo noi. Occorrono i volontari. Non sgomitate, mi raccomando.
Proverbio del giorno
Testa non doeur se cuu non voeur.
Testa non duole se culo non vuole. - Questo è il più schietto proverbio popolare milanese sulle alterazioni fisiologiche; il mal di capo,, come lo si definisce in altra maniera è spesso dovuto a cattivo funzionamento dell'intestino, il cui pertugio d'uscita è quello che scienza chiama «ano».
Mestieri di una volta
UL BRÜMISTA - Prima dell'avvento dei taxi, il servizio di piazza era esercitato con le carrozze che stazionavano in attesa dei clienti sui piazzali delle stazioni o altri luoghi strategici. Quando l'attesa tra un viaggio e l'altro era lunga, il brümista si preoccupava di abbeverare il cavallo con un secchio d'acqua presa alla fontanella pubblica, e gli appendeva, a mo' di museruola sotto il muso, un sacchetto con biada o avena. Espletate queste mansioni, attendendo il cliente, sonnecchiava seduto a cassetta al riparo di un ombrello che lo proteggeva vuoi dalla pioggia, vuoi dai raggi cocenti del sole.
Cosa ascoltare oggi
- redigio.it/dati1901/QGLF033-memorie-nostalgie.mp3 - Operazioni di tutti i giorni tanti anni fa nei luoghi vicini al lago di Comabbio - 5,21 - #50 #36 #48 - RVG
Cosi' di raccontava
El mari cattiv - Confessi el mè peccaa, me pias la donna, sì, la me pias in tutt i sò espression: vestida de gran sciora, de barbonna o bella biotta, a mia disposizion.
E poeu, la me pias bionda, rossa, negra, girada sul davanti e sul dedree, romantica, carnal, rognosa, allegra... Insomma, a mi me pias anca la miee.
Contraddizion? Ma no, perché in sostanza pussee di donn me pias la vedovanza: l'è bell debon sposaj, fà on poo de guerra e poeu infilaj ben ben sotta la terra. Per quest, invece de pregà Gesù,
te preghi tì, animascia de Landrù
IL GIARDINO DELLE DELIZIE
L'orto dei monaci - Descritto dagli antichi come un luogo paradisiaco, con il cristianesimo il giardino diventa specchio dell'Eden. E i chiostri delle abbazie, ricolmi di fiori, frutti e piante officinali, vere oasi di benessere
Recinzioni impenetrabili, una fontana perenne, angeli annunzianti, fiere mansuete, e ancora aiuole perfette, alberi sagomati e carichi di frutti, fonti e fontane, animali fantastici, gesti cortesi misurati e lenti, giochi di destrezza e parole d'amore, qualche rara immagine di lavoro. Questi i giardini che propongono le immagini dei manoscritti medievali. Giardini evocati dalla fantasia, costruiti sui simboli, lontani dalla realtà, dei quali si raccontano i particolari (recinzioni, aiuole, alberi e fiori, fontane) ma che sarebbe sbagliato pensare come proiezioni della realtà.
All'origine c'è la Bibbia, il giardino dell'Eden, che interpreta l'aspirazione archetipica dell'uomo di un mondo dove non vi siano animali feroci, non vi siano malattie, non vi sia la vecchiaia, con tanti alberi piacevoli a vedersi e con frutti buoni da mangiare, dove l'acqua dolce non manca mai, con qualche albero dalle virtù eccezionali; un luogo che s'addensa dei più elementari desideri degli uomini: «Allora il Signore Iddio con la polvere del suolo modellò l'uomo, gli sof fiònelle narici un alito di vita e l'uomo divenne essere vivente. Poi il Signore Iddio piantò un giardino in Eden, a Oriente, e vi collocò l'uomo che aveva modellato. Il Signore Iddio fece spuntare dal suolo ogni sorta di alberi piacevoli all'aspetto e buoni a mangiare e l'albero della Vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male. Dall'Eden usciva un fiume che irrigava il giardino, e da lì si divideva in quattro rami>>.
IL MISTERO SVELATO
Il giardino (termine che la lingua italiana mutua dal francese jardin, che a sua volta deriva dal franco gard, che significava luogo chiuso) nel Medioevo, come lo raccontano le fonti più accessibili, in immagini e scrittura, è un'idea piuttosto che una realtà, spesso espressione di una perfezione irraggiungibile e di un mondo perfetto. Nel giardino il tempo si ferma: è sempre primavera, nel giardino viene meno ogni necessità. È luogo dell'innocenza e della giustizia, luogo che può dare soluzione al disorientamento dell'uomo, ma in quanto tale è anche il simbolo della sua più profonda ricerca interiore; è il mistero svelato, la meraviglia e il piacere assoluto; la riconquista di una dimensione perduta. E insieme il luogo della trasformazione della natura a dimensione umana e momento di trasformazione dell'infinito in finito, come tale luogo di tranquillo rifugio, sia per l'ordine interno che si contrappone al disordine esterno il conosciuto allo sconosciuto - sia anche per la dimensione finita che lo rapporta alla vita dell'uomo. È il luogo dove trionfano i sensi: sfiorare i petali di una rosa, l'odore dei fiori, il gusto di un frutto, il colpo d'occhio di siepi e aiuole, il canto degli uccelli, possono dare un piacere sottile o esercitare a condizio- nare il corpo e la mente.
Difficile capire come fosse nella realtà, quanto fosse diffuso, quali piante vi fossero coltivate e come, se vi fossero tipi diversi da regione a regione; ancora più labile, la distinzione tra orto e giardino. Solo molto tardi, con il XII-XIII secolo, la terminologia comincia a definirsi e a distinguere, le fonti documentarie cominciano a lasciare testimonianze, più frequenti in alcune regioni europee.
NATURA E CULTURA
La società romana della pars Occidentis dell'Impero, dopo il 476 d. C., da quando i popoli germanici foederati fondarono al suo interno regni nei quali l'elemento romano e quello "barbarico" in vario modo convivevano, continuò a lungo a mantenere i suoi caratteri e i suoi quadri istituzionali, a livello provinciale e municipale, ma vide progressivamente decadere e destrutturarsi quelli socioeconomici e culturali.
Mutarono progressivamente, in particolare, le abitudini alimentari, i caratteri produttivi e il rapporto con l'ambiente e con la natura. I popoli insediatisi all'interno del limes sono portatori di un tipo di alimentazione fondato sui grassi animali e sulle proteine, e per ciò occorrevano spazi aperti per l'allevamento di bovini, ovini e caprini; all'agricoltura si sostituì soprattutto un'economia di raccolta. Boschi e brughiere tornano a invadere in parte le aree che in età romana erano state deputate all'agri- coltura; scompaiono, o si contraggono, anche quelle più o meno vaste estensioni di terreno che i Romani avevano adibito (all'interno dei cent demici o, più spesso, fuori di essi) horti (per gli antichi un luogo protetto, spesso chiuso, dove erano colt vate le verdure per l'alimentazione ma anche alberi fruttiferi, fiori e verde per il piacere), a pomaria (frutteti), a viridaria (termine più generale, ripreso in seguito nel francese antico vergier, che indica un luogo verde per alberi, arbusti ed erbe, al quale cor- rispondono i nostri orti, giardini e verzieri) e che in rapporto alla loro estensione, al loro aspetto, alla loro funzione, avevano in passato rivestito differenti funzioni: alimentare, igienica, medica, estetica, simbolica; che erano stati insieme luoghi dell'utile e del piacere.
L'afflusso di genti abituate al nomadismo, o all'economia fondata comunque sull'allevamento e sulla raccolta , mise in crisi l'antica volontà dell'uomo - sostenuta da una tecnica sapiente di controllare la natura e piegarla al suo volere governando la e qualità delle colture e lo sbocciare, il crescere, il maturare di piante, fiori e zi frutti, gestendo la qualità dei suoli,l'apporto delle specie animali, il flusso delle acque, in un sapiente ed equilibrato rapporto con i microclimi e con l'avvicendarsi delle stagioni. Tende in altre parole a scomparire, con quello che noi siamo abituati a definire Alto Medioevo (secc. V-IX ca.), il prodigioso effetto dell'incontro fra natura e cultura in uno spazio in cui il mondo vegetale, animale e quello delle acque s'incontrano per dar vita al giardino.
17 Novembre 2023 - Venerdi' - sett. 46-321 |
Nessuna notizia dal Villaggio
Dove andare -
Palio dei Castelli 14-15 giugno - CASTIGLIONE OLONA (Varese)
Non è una tradizione antica come quella di Siena, pur tuttavia dopo nove anni dalla sua istituzione ha raggiunto un grande successo e si affianca ormai, come tipo di manifestazione folcloristica, all'altra esistente in Lombardia che si svolge a Legnano con il Palio del Carroccio. Con il palio si intende rievocare gli avvenimenti storici rappresentandone ogni anno uno diverso che hanno improntato la storia medioevale della città, come per esempio l'assedio del 1071 da parte dei milanesi, oppure quello del 1161, sempre da parte dei milanesi, con l'intervento del Barbarossa. Ogni rione si prepara sul tema dell'anno e il giorno della rievocazione sfilano pittoreschi cortei in costume d'epoca, recitando ognuno la propria parte di storia.
La competizione per conquistare il palio è vivace e ag gressiva, a base di corsa dei cerchi, gara delle botti e altri giochi popolari, con la partecipazione di sbandiera tori, balestrieri e molti altri personaggi in costume; la pre miazione avviene al Parco del Monteruzzo.
Viaggio nel tempo
Ognissanti (26-27 gennaio 1897) leri notte, verso le 2.30, alcuni nottamboli seguivano sghignazzando un uomo, completamente nudo, il quale teneva un fardello serrato sotto le ascelle. Giunto in piazza della Scala, il disgraziato si fermò e, rivolti gli occhi con atteggiamento ispirato verso il cielo, insensibile agli stimoli del freddo, incominciò ad invocare le divinità di tutte le religioni. Sopraggiunsero in buon punto due guardie di questura le quali, senza non poca fatica, riuscirono a persuaderlo a salire in un "brougham" e ad accompagnarlo all'Ospedale di S. Vittore. Il poveruomo è tal Filippo Zeppini, di 44 anni, marmorino; egli fu altre volte ricoverato in sala Macchio perché affetto da mania.
Mestieri di una volta
UL GELATÉE - Il gelataio ambulante, con il carrettino spinto a mano o quello triciclo a pedali, era la gioia dei bambini. Vendeva il gelato in due tipi di "confezione": la parigina, cioè il cono, nonché una sorta di sandwich che confezionava con il misürin, un apposito attrezzo graduato, rotondo o rettangolare, nel quale inseriva prima una cialda, poi una o più porzioni di gelato fino a riempire l'attrezzo, quindi una seconda cialda a chiusura. Il misürin era dotato, all'interno del manico, di un sistema manuale di espulsione del gelato così confezionato.
Cose milanesi
La conca di Viarenna (1439) - via Conca del Naviglio - Nel 1388 Gian Galeazzo Visconti, per abbreviare il trasporto via terra del materiale necessario alla costruzione del Duomo, fece costruire un naviglio accessorio che dal Naviglio Grande raggiungeva il Naviglio Interno e quindi una piccola darsena (interrata nel 1857) situata dove oggi si trova via Laghetto, di fianco a Santo Stefano. Tra i due navigli esisteva un dislivello di tre metri.
Per superarlo, nel 1439, venne costruita la conca di Viarenna, la prima di tutto il sistema navigabile che rese Milano famosa come "città d'acqua".
Di lato sorgeva il dazio, detto "della catena", perché le barche erano costrette a fermarsi per il pagamento della gabella di fronte a una pesante catena che impediva il passaggio.
Tuttavia, per 5 secoli, i 550.000 blocchi di marmo che arrivavano dalle cave di Candoglia per rivestire la cattedrale non pagarono dazio: su di essi era stampigliata la sigla di esenzione A.U.F. (Ad Usum Fa bricae). "Lavorà a uf" dicevano i Milanesi quando lavoravano gratis alla costruzione del Duomo, da cui è derivato "mangià a uf". La lapide sull'edicola ricorda la donazione dei proventi del dazio fatta nel 1497 da Ludovico Sforza alla Veneranda Fabbrica del Duomo, in ricordo della amatissima moglie Beatrice, morta a 23 anni.
IL GIARDINO DELLE DELIZIE
LOCUS AMOENUS
Gli antichi avevano sognato e teorizzato il giardino. L'idea di un luogo nel quale regna una perenne primavera, e fiori e frutti sono insieme e sempre disponibili per l'uomo, si trova già nell'Odissea di Omero, là dov'è descritto il giardino di Alcinoo nell'isola dei Feaci. L'immagine di un luogo perfetto, con una natura mite, amica e generosa (l'esatto contrario di come di solito la natura si presentava, specie nelle asprezze desertiche del vicino Oriente), era giunta forse ai Greci da notizie relative ad aree ni- lotiche dell'Egitto, ai giardini pensili di Babilonia, ai pair-daëza (in persiano "parco reale di caccia e di piacere", da cui l'ebraico pardes e il greco parádeisos) dei Gran Re iranici, che l'avventura di Alessandro Magno aveva reso famosi anche in Occidente. Un luogo perfetto per abitanti privilegiati, ma anche un luogo pericoloso, dominato da un eterno rischio di squilibrio e dunque di sparizione.
I poeti latini, da Virgilio a Claudiano, avevano fatto a gara per immaginare giardini splendidi, spesso raccontati sul modello del locus amoenus, che erano diventati suggestione anche per l'incorrotta dimora dei beati, i "Campi Elisi". D'altra parte autori di opere naturalistiche o geoponiche come Catone, Varrone, Columella, Plinio il Vecchio, Marziale e Palladio avevano insegnato come disegnare e organizzare giardini, parchi, frutteti, riserve e giochi d'acqua, sistemi d'irrigazione. Quasi ogni casa romana aveva un giardino, per le necessità giornaliere, ma anche per il superfluo, per fiori e per frutti, per la bellezza del corpo. Sulle pareti di Pompei genietti alati pressano, miscelano, macerano fiori per farne essenze di profumi; nel giardino della Casa del Profumiere crescevano ulivi per l'olio in cui far macerare i petali, c'erano piante di mirto, rose, viole, gigli e meli cotogni per distillare profumi. Varrone, discettando delle tenute di nel De re rustica, forniva uno campagna schema di aviarium, di uccelliera, che è rimasto un classico modello di come gli uccelli in gabbia possano armonicamente far parte del panorama d'un giardino, associati a bacini d'acqua, ad alberi e a una tavola da pranzo. Era un modello che egli aveva realizzato realmente nella sua villa di Cassino.
PARADISO IN TERRA
Il mondo cristiano, d'altronde, non aveva avuto difficoltà a scorgere nel giardino di Alcinoo, nei "Campi Elisi", nelle varie forme di locus amoenus descritte dalla poesia pagana (il giardino di Flora nei Fasti di Ovidio, quello di Amore in Claudiano) altrettanti modelli sia del Paradiso di cui si parla nel Nuovo Testamento e in molti scritti apologetici e patristici - il luogo cioè nel quale i beati hanno il loro refrigerium - sia dei tre giardini della Sacra Scrittura: il paradisus voluptatis dell'Eden (o "Paradiso terrestre", come è comunemente noto); l'hortus conclusus, cioè il "giardino recintato" che la Sposa descrive nel Cantico dei Cantici; infine il giardino di Giuseppe d'Arimatea nel quale era scavato il Sepolcro del Signore e dove Gesù risorto era apparso, sotto l'aspetto di hortulanus (giardiniere), a Maria Maddalena. I tre giardini scritturali finivano con l'identificarsi fra loro come il luogo dell'assoluta felicità, della perfezione, della salute fisica e della salvezza spirituale. Giardino dell'Eden e Campi Elisi di tradizione classica si incontravano così nell'immagine del Paradiso: il refrigerium dei beati, del quale spesso si parla in Acta e Passiones martyrum, era ambientato in scenari di acque vive e freschissime, fiori e frutti quindi un'e- ternità simboleggiata dalla contestualità temporale di fenomeni di solito presenti in differenti stagioni dell'anno - percorsi da una brezza leggera e costante, con la presenza di animali liberi e amici dell'uomo. Il Paradiso acquistava i tratti del giardino; e il giardino a sua volta veniva costruito, dove e quando fosse possibile, sul modello paradisiaco. E il monastero era immaginato (come già lo proponeva la Historia monachorum) separato dal mondo da spazi deserti e impervi e dal muro he lo circondava; all'interno pozzi, ori irrigati, tutti gli alberi e i frutti del Paradiso, ricco di quanto fosse necessario per i monaci.
I QUATTRO FIUMI
Dal centro del chiostro benedettino, fonte o albero che fosse, si dipartivano quattro bacini d'acqua o quattro sentieri disposti in maniera cruciforme, a memoria dei quattro fiumi del mondo descritti dal Genesi. Il chiostro diveniva così immagine del Paradiso terrestre e figura di quel Paradiso eterno del quale la vita monastica doveva già essere anticipazione, di quella Gerusalemme celeste al cui centro è piantato l'albero della Vita e di cui parla l'Apocalisse. Il chiostro rappresentava l'immagine su cui la Sacra Scrittura si apre e quella su cui [essa] si chiude: era l'alfa e l'omega della vita del monaco.
Visto dall'esterno, da una povertà dell'animo che dialogava con quella del corpo, l'orto del monastero può sembrare anche per questo un paradiso. Nel suo poemetto Hortulus, Walafrido Strabone, monaco della Reichenau, spiega nel IX secolo come piante, fiori, frutti ed erbe del giardino siano destinati tanto a fornire alimento e benessere quanto a dispensar gioia a chi può goderne e ammirarne forme e colori, aspirarne gli aromi, riposarsi all'ombra nei giorni di calura: la ruta è utile contro i veleni; l'aglio dà sapore ai cibi, aiuta la digestione, toglie la nausea e scioglie i calcoli; l'artemisia ha qualità emostatiche; la nepitella è odorosa e il suo unguento è cicatrizzante; il rafano addolcisce la tosse. Moltissimi mistici e sapienti trattatisti nei secoli X-XIII discettano sui giardini: da Herrada di Landsberg a Ildegarda di Bingen, da Alano di Lille a Vincenzo di Beauvais. I trattati, detti Erbari (santa Ildegarda ne compose uno celebre), erano al tempo stesso elenchi ragionati di piante, descritte e illustrate nel loro aspetto e nelle loro proprietà terapeutiche, e testi a carattere mistico-allegorico, nei quali a ogni essenza vegetale corrispondevano virtù e poteri divinamente disposti e talvolta magicamente evocati.
Separate nelle immagini del De rerum naturis di Rabano Mauro da un semplice steccato di legno le erbe del- l'orto si distinguono dalle erbe spontanee dei prati. L'orto, cioè l'hortus deliciarum, cioè il Paradiso, rappresenta la Chiesa attuale, ma anche la Chiesa del Genesi e del Cantico dei Cantici; il fiume che nasce in Paradiso è Cristo; i quattro fiumi che irrigano la terra possono essere la prudenza, la temperanza, la fortezza e la giustizia e per allegoria i Quattro Vangeli; l'albero della Vita è ancora Cristo; quello del bene e del male il libero arbitrio. Anche le erbe dell'orto hanno i loro significati allegorici: cipolla e aglio segnano la corruzione della mente, il rafano esprime la continenza contro le suggestioni del diavolo, le lattughe indicano le necessità di evitare i perversi piaceri della vita, e così continuando per prezzemolo, coriandolo e sedano.
L'ALBERO DELLA VITA
Isidoro di Siviglia insegnava che Paradiso, in latino, si traduce dal greco ho tus; l'intero monastero può essere allora per allegoria un hortus, il Paradiso. Dove alberi diversi compensano ogni mancanza e imperfezione, e se al tempo opportuno si mangerà un loro frutto, non si avrà più fame, un altro toglierà la sete, un altro ancora farà scomparire la fatica. E l'ultimo albero, quello della Vita, darà, a chi se ne ci- berà, la virtù di non invecchiare, non ammalarsi, non morire mai: l'orto monastico annulla tutte le conseguenze del primo peccato; nel monastero si conquista la vita eterna. Nei monasteri medievali - specialmente in quelli benedettini esistevano più giardini, che avevano diverse funzioni adombrate nei nomi (viridaria, pomaria, herbaria): la Regula di San Benedetto prescrive che ogni monastero sia sempre provvisto di riserve d'acqua e di un hortus. Nel celebre piano dell'abbazia di San Gallo, inviato intorno all'anno 820 dall'abate della Reichenau all'abate Gozbert, gli spazi deputati a orti e a giardini sono ampi e differenziati: da quelli in cui si coltivano i vegetali destinati all'alimentazione, alle aiuole nel- le quali crescono i "semplici" utilizzati nella preparazione dei farmaci, al cimitero, fino al claustrum chiuso e recintato appunto, al centro del quale stanno il pozzo o la cisterna simbolo del Cristo Fons vitae, oppure un albero, simbolo al tempo stesso dell'albero primordiale della Vita descritto dal Genesi e dell'albero della Croce.
Tre spazi sono destinati alla coltivazione, con funzioni e con piante diverse. Un orto (hortus) rettangolare scandito da diciotto aiuole disposte su due lati, ciascuna con un'essenza: da un lato cipolle, porri, sedano, coriandolo, aneto, papavero, rafano, un se condo tipo di papavero (magones), bietola; dall'altro aglio, scalogno, petrosilla, cerfoglio, lattuga, santoreggia, pastinaca, cavolo, nigella. Un erbario (herbularius), di forma quadrata, con otto aiuole disposte lungo il perimetro e otto all'interno su due fila: lungo il perimetro sono previsti gigli, rose, fagioli, santoreggia, costo, fieno greco, rosmarino, menta; al centro salvia, ruta, gladiolo, puleggio e accanto menta acquatica, cumino, levistico e finocchio. Il terzo spazio, coltivato ad alberi da frutto è il cimitero, con al centro la croce contornata dall'iscrizione: "Tra gli alberi della terra la croce santissima, che in perpetuo dà i frutti della salvezza"; tra le tombe dei monaci avrebbero dovuto esserci quindici piante: melo, pero, prugno, pino, sorbo, nespolo, lauro, castagno, fico, cotogno, pesco, nocciolo, mandorlo, gelso e noce.
18 Novembre 2023 - sabato - sett. 46-322 |
Notizia dal Villaggio
Viaggio nel tempo
Le aberrazioni della beneficenza. Berlino s'è costituita recentemente una Società di giovani volonterosi d'ambo i sessi per venire in soccorso... degli ubbriachi. I membri di essa accompagnano a casa i ferventi devoti di Bacco e di Gambrinus incapaci di guidarsi da soli, o sostenendoli sotto le ascelle o trasportandoli su apposita barella o, se questa mancasse, sollevandoli addirittura sulle braccia. Tutto ciò seriamente, con l'aggiunta di un locale proprio munito di una scritta ben visibile, nonché di una uniforme severa, fra il claustrale ed il militare. È a sperarsi, che, con questa coltura intensiva, la bella pianta dell'ubbriachezza pigli nuovo slancio ed i suoi cultori diventino legione! -
Mestieri di una volta
UL MANGIA-VÉDAR - Antesignano dei vegetariani ed in perenne cura dimagrante, il mangia-vetro si esibiva ogni tanto il lunedì nella piazza del mercato, ingollando qualche lampadina, chiodi, sassolini e stoppa, il tutto accompagnato da qualche bicchiere di acqua saponata.
Metri di misura
Ùnza = ... misura di peso di circa 28 grammi in uso prima del sistema metrico-decimale. Nel contado usata per indicare la resa in burro del latte: un'unza par bucàa: 28 grammi di bu ro per boccale (0.786 litri) di latte. Fino a un po'di decenni fa ancora usata come unità di misura per il seme dei bachi da seta: un'ùnza, pari a circa 40.000/60.000 uova. Indica, in senso figurato, una quantità minima di qualcosa: gh'è pi nanca un'ùnza = non c'è più nemmeno un filo d'olio. - d'oli
Cose milanesi
viale Gorizia ang. ripa di Porta Ticinese - È il "porto" di Milano. Vi convergono 3 canali: il Naviglio Grande, il Naviglio Pavese e il Naviglio Interno. Essi furono costruiti allo scopo di portare acqua alla città per migliorare la difesa militare, le attività commerciali e artigianali, la salute pubblica. Il Naviglio Grande fu il primo a essere costruito. Pochi anni dopo la distruzione della città da parte dell'imperatore Federico I detto il Barbarossa, nel 1179 i Milanesi iniziarono i lavori per portare fin qui le acque del lago Maggiore e del Ticino, con un percorso di 50 km. Il Naviglio Interno, costruito nel '400, attraversava la città con un sistema di conche, ma è stato coperto negli anni Trenta per facilitare i trasporti su terra. Esso portava qui, attraverso il canale della Martesana, le acque provenienti dal lago di Como e dall'Adda. Il Naviglio Pavese fu completato nel 1819 e, in deflusso, si riallaccia al Ticino nella sua parte navigabile e quindi al Po e al mare. La Darsena fu costruita ai primi del '600 sotto il governatore spagnolo Pedro de Acevedo conte di Fuentes. In Darsena arrivavano chiatte trainate controcorrente da cavalli (poi motorizzate), cariche soprattutto di sabbia e ghiaia, ma anche di legname e persone. Attraverso il Naviglio Grande fu trasportato il marmo per il Duomo, che arrivava dalla cava di Candoglia lungo il fiume Toce e poi il lago Maggiore.
Toponimi di Mercallo
3) Boga: denominata dai locali Böga, è una ex-cascina, ora ristrutturata, posta lungo un leggero declivio al di sopra della attuale zona residenziale nota come Prati Azzurri. Termine di dubbia interpretazione. In dialetto la boga è una grossa fascia di ferro che accerchia la stanga del maglio. Può essere anche un pesce commestibile presente nel Laghi di Monate e Comabbio. Se ipotizziamo una derivazione da una voce *bova o simili, possiamo pensare ad un luogo un tempo interessato al pascolo o all'allevamento dei buoi.
4) Campaccio: toponimo molto ricorrente, detto dai locali Campàsc. La zona è localizzabile a sud del centro del paese in un'area lunga e stretta che costeggia il Lago di Comabbio ad ovest della strada Provinciale 629. Il termine è trasparente e indica come spesso accade la qualità di un campo, in questo caso non particolarmente adatto alla coltivazione o comunque non molto produttivo.
19 Novembre 2023 - Domenica - sett. 46-323 |
Notizia dal Villaggio
Oggi, 19 di novembre del 2023, domenica mattina. L'argomento di oggi è la divisione in due, quella del bar. Questa divisione non c'e' mai stata fisicamente, ma ora, quando i gestori del bar convengono con i villeggianti una chiusura, invernale, dove vanno i villeggianti a ritrovarsi? - In club house, quella che e' ora la saletta tv. Tavoli, sedie, due quadretti, qualche semplice attrezzatura e una macchinetta del caffe' (gestita dal bar) e' tutto a costo zero e pronta in poche ore. Cosi' si risparmia l'incombenza di costruire divisori di qualche migliaio di euro (poi inutili e ingombranti).
Ed e' tutto pronto.
Quindi: club house (istituzione dimenticata) in saletta TV (poco utilizzata). Nessuna spesa per modificare il bar.
Folclore
Donne gh'è chí 'l magnano - Donne, c'è qui il "magnano", aiutatelo per favore!
La bella sposotta capisce subito quali sono le necessità dello stagnino, e lo accontenta di buon grado dandogli anche qualcosa in più del dovuto, che però non si può dire.
Se ne accorge il marito beffato, ed il povero stagnino finisce a casa con la testa rotta da un bastone nerboruto. Non gli necessitano dottori e avvocati, da solo infatti riesce a stagnarsi la testa "al post di sò pignatt".
Il finale scherzoso rende ancor più gaia una canzone che ha avuto un momento drammaticissimo, da volgere quasi in tragedia la situazione, già di per sé triste, del povero stagnino, derelitto per una sorte ingiusta che lo obbliga a mendicare, ogni giorno, un pezzo di pane di casa in casa.
La melodia è gaia e simpatica anche perché imita il grido dello stagnino che chiama le donne sull'uscio di casa.
Magnano - Donne donne gh'è chí 'l magnano che 'l gh'ha væuja de lavorà e se gh'aví quajcoss de fà giustà tosann gh'è chi el magnan che 'l gh'ha væuja de lavorà.
Salta fœura ona sposotta
cont in man 'na pignatta rotta:
E se me la giustii propi de galantòmm mí si ve la daría de nascost del mè omm.
El marito apos a l'uscio
el gh'aveva sentito tutto
el salta fœura cont on tarèll in man e pim e pum e pam su la crapa del magnan.
Parola del giorno
Cavedàgna = strada campestre, viottolo. Le cavedàgn traggono origine dagli spazi (sùlch) lasciati fra un campo e l'altro non arando in quei punti il terreno, costituendo così, per tacito accordo, il confine fra le pro- prietà e permettendo inoltre l'accesso dei carri ai campi coltivati. Il lemma deriva probabilmente da "capitanea" voce della bassa latinità che stà ad indicare la testata, il limite di un campo.
In cucina - a casa
El minestron - «Caro elo, parola, mi ghe digo che no gh'ho mai magnà on minestron savorio, gustoso, tal de amigo come el xe questo. Salo che'l xe bon? Ciò, siora muger, altro che i risi e capuzzi scaltrii e i risi e bisi!...>>
«Dasseno, Bortolin, ti gha reson. Oh sì. Ma, prima che nu se ghe toga el disturbo a sto sior, con permission, voi farmelo spiegar ben da la coga.»> «Se la cred ghe l'insegni bell e mi, sciora Catina, che la faga inscì:
Se la gh'ha del broeud, mei, se nò la metta a foeugh el sò caldar cont acqua pura e dent codegh de lard, se nò panscetta tajada giò a fettinn e peu, in misura, le condiss a dover con 'na pestada, de lard con dent ona fesa de ai schisciada. Poeu giò fasoeu borlott in abbondanza, dent caròtol e zeller tajaa fin e pòmm de terra a tocc segond l'usanza el sal e dent de savia on ramettin, e anca on bell tomatis. Quatta su e fall buj e che al buja a desmett pù. Quand in còtt i verdur, ma còtt ben, ben, dent i verz e fagh dà vòtt ò des buj, peu giò el ris e che al buja svelt, in pien. Infin, dent i erborinn taiaa, a fregui. Cott el ris, dent del bon formace grattaa e el minestron l'è pront. Se l'è d'estaa l'è bon anca, frecc, l'è on bombonin. On moment: i verdur han de bui adasi no men don para d'or e mezza, o quasi. «Oh-grazie, grazie, ma che bravo scior Peppin!».
Proverbio del giorno
Lontan dai oeucc lontan dal coeur, ma se l'è amor sincer non moeur. - Lontano dagli occhi lontano dal cuore, ma se è amore sincero non muore. -
Proposto anche in lingua; è un detto molto conosciuto e diffuso che non ha bisogno d'essere spiegato!
IL GIARDINO DELLE DELIZIE
LE PIANTE DI CARLOMAGNO
Alcune di queste piante compaiono nel De cultura hortorum di Walafrido Strabone e comparivano anche nel Capitulare de villis, dove Carlomagno imponeva che nell'orto ci fossero ben 57 piante e le elencava una per una, aggiungendo che gli alberi da frutto dovevano essere, in molti casi, di tipi diversi per ciascun frutto.?
Strabone parlerà, in versi densi di nostalgie virgiliane, del cerfoglio, del papavero, della lattuga sclarega, del- l'aglio, del rafano, indicandone con attenzione le qualità terapeutiche, i rischi della coltura, descrivendone le forme, la migliore collocazione negli spazi e secondo l'insolazione, ma senza alcuna tensione simbolica o allegorica, anzi proiettando la sua scritura sulla conoscenza dell'esperienza comune e sull'esperienza del proprio lavoro, nel superamento della tradizione antica.
MAI SENZA FRUTTO
Nelle sue Etymologiae Isidoro di Siviglia definisce l'orto in modo significativo: «Si chiama orto perché vi nasce sempre qualcosa. Negli altri terreni nasce qualcosa una volta l'anno; l'orto invece non è mai senza frutto». L'enciclopedista medievale proponeva in tal modo un rapporto fra il giardino e la nascita (oriens), sottolineava la capacità teomimetica dell'uomo di organizzare la natura in modo da vivere co
me in un'eterna primavera, e suggeriva ancora come l'uomo potesse - con l'intelligenza e il lavoro, conseguenza peraltro del peccato originale - riproporre a se stesso forme di vita adamitica simili a quelle precedenti al peccato. Rabano Mauro riprendeva alla lettera Isidoro, distingueva tra le nobili erbe dell'orto e quelle vilissime che crescevano spontanee nei campi e precisava come l'orto sia figurazione della Chiesa. Il suo trattato De rerum naturis è spiegazione mistica e storica e il lettore avrebbe trovato soddisfazione al desiderio di conoscere di ogni cosa la realtà e l'allegoria. Rabano legge e rappresenta secondo allegoria la terra, i campi, la coltura dei campi; le erbe dei campi e degli orti. Tra le erbe che crescono spontanee nei campi è il fieno, che nutre la fiamma, e il fieno indica per allegoria la fragilità della natura umana; il fieno che è bello quando è più verde e fiorisce ma, quando appassisce, marcisce come gli empi; il fieno che rappresenta la storia del mondo e i peccatori; il fieno rappresenta i nobili che arricchiscono facilmente e vestono con abiti verdi. Ma le erbe dei campi, e il fieno tra esse, crescono virulente nei luoghi incolti e conservano la loro qualità agreste e insipida, come il fieno inaridiscono rapidamente e muoiono presto.
I CONSIGLI DI COLUMELLA
In età neroniana, Columella dedica al giardinaggio il libro X del De re rustica (De cultu hortorum), che è il fondamento dell'arte imperiale dei giardini; si propone come continuatore delle Georgiche di Virgilio ma, se il De re rustica è in prosa, il libro dedicato ai giardini è in versi. Columella insegna come scegliere il terreno più adatto per l'orto-giardino, che cosa piantarvi, e quando: alberi da frutto e fiori, «<le stelle della terra»; accanto le erbe, sia alimentari che medicinali, delle quali lo scrittore non trascurava di cantare anche la bellezza. Il discorso sugli orti continua nel libro successivo con un preciso calendario astronomico dei lavori della terra, con il consiglio di recingere l'orto con una siepe viva e con notizie su erbe e ortaggi. In un'altra opera, il De arboribus, Columella parla di vigne e di frutteti, che entreranno più tardi nell'universo proprio del giardino; non è del resto un caso che Columella chiudesse il libro dedicato agli alberi, che si apriva con la vite, parlando della viola e della rosa.